Sono trascorsi undici anni da Scream 4, lo stesso intervallo di tempo che separava quest’ultimo dal terzo capitolo. Non è un mero esercizio di calcolo: una delle caratteristiche principali della saga inaugurata da Wes Craven nel 1996 è sempre stata un’attenzione maniacale nei confronti della contemporaneità, delle sue tendenze, dei suoi linguaggi e delle sue mode. E così, se la trilogia originale rimasticava i luoghi comuni dello slasher e il quarto capitolo («New decade, new rules») cercava di aggiornare il discorso all’era dei social network e delle nuove tecnologie, nel 2022 il quinto film introduce il concetto di requel: stesso titolo dell’originale (rinunciando alla numerazione), nuove regole, alternanza tra i personaggi storici e quelli più giovani.
Riscrivere tutto per non riscrivere niente. Perché, come recita eloquentemente uno dei protagonisti, il pubblico non vuole che la memoria – personale e collettiva, sono ormai la stessa cosa – del modello originale venga rovinata da un reboot qualsiasi. Sembra una frase estrapolata di peso da Matrix Resurrections, invece è l’evoluzione naturale di un’autoriflessione sul genere che va avanti ormai da un quarto di secolo, e che con il tempo è diventata il motore narrativo dominante di una saga che però sembrava cominciata con ben altri intenti.
Pare davvero trascorsa un’eternità, ma l’intuizione più geniale di Craven (e dello sceneggiatore Kevin Williamson) non era la dimensione metacinematografica del film capostipite, quella che spingeva i suoi personaggi a ricordare quali fossero le regole per sopravvivere in un horror, ma l’inserimento funzionale della stessa all’interno di uno spietato ritratto generazionale e culturale del decennio “di mezzo”, quegli anni Novanta privi di identità e di punti di riferimento che non fossero - già allora - quelli del passato. Perché la MTV Generation mostrata nel primo film, con i suoi bei volti da sit-com (Courtney Cox da Friends, Neve Campbell da Cinque in famiglia) abbandonati dai padri ma comunque figli del benessere, si adagiava sulle icone (anche horror) delle epoche precedenti perché incapace di costruirsene delle proprie. Ma di tutto questo non sembra essere rimasta molta memoria: nell’immaginario collettivo Scream è soltanto la saga delle citazioni, delle regole, del cinema che riflette su se stesso senza mai prendersi troppo sul serio, mettendosi su un palcoscenico (Scream 2), dietro le quinte di un set (Scream 3) o davanti a una webcam (Scream 4).
Naturalmente il film – pardon: il requel – di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett sposta l’asticella ancora più in là, sottoponendo le vittime al solito quiz sul cinema dell’orrore che però, stavolta, riguarda la saga di Stab, ovvero il film nel film, e aggiornando al presente i gusti dei personaggi tirando in ballo Babadook, It Follows, The VVitch, Ari Foster e Jordan Peele. Attentissimi a non oltraggiare la memoria di Wes Craven, esplicitamente omaggiato a più riprese nel corso del film fino all’inevitabile dedica sui titoli di coda, il duo di registi rispetta e asseconda fino in fondo le aspettative del pubblico più conservatore (lo stesso di cui si parlava poco sopra e che ormai è sia spettatore che Autore), aggiungendo l’ennesimo tassello alla grande (unica?) costante del cinema mainstream di questi tempi: quella dell’eterno ritorno, stavolta rappresentato non soltanto dai volti (il trittico Campbell/Cox/Arquette, stanchi e spaesati come non mai) ma anche dal set della casa che fu teatro della carneficina finale nel primo film. Appunto, rifare tutto per non rifare niente, sposando l’effetto nostalgia con la “solita” dimensione teorica che oggi, a più di venticinque anni di distanza, è soltanto un risaputo manuale di istruzioni che non dovrebbe sconvolgere più nessuno. Del quale, siamo pronti a scommetterci, tra altri venticinque anni non resterà un gran bel ricordo.
Nella cittadina di Woodsboro, l'omicida con la maschera da fantasma torna a colpire dopo anni, cominciando dalla giovanissima Tara che inizialmente riesce tuttavia a sfuggire e diventa perciò un bersaglio prefissato, insieme con la sorella Sam, tornata in città per proteggerla. Come sempre, al centro delle mire assassine di Ghostface c'è però un più ampio gruppo di adolescenti e la volontà di terrorizzare una città.