Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis

Testa o croce?

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Questa recensione di Testa o croce?, dove il punto interrogativo finale nel titolo la dice lunga, contiene spoiler. Conviene leggerla a film finito, eventualmente, poiché il senso della nuova parabola tardo ottocentesca di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, “nuova” nella misura in cui si presenta come retrodatata e all’apparenza molto codificata cinematograficamente, tra generi e stilemi pregressi, arriva a partire dalla fine. La fine, sì, intesa come finale, è il principio poetico che ispira l’opera per ora circoscritta dei due cineasti, i quali sviluppano la loro riflessione sull’esistente storico, culturale e cinematografico, come cerchi che si restringono progressivamente dal contesto al testo.

La “storia” intesa come frottola, da vedere sullo sfondo della Storia (con “s” maiuscola), costruzione di una possibile versione dei fatti, tanto improponibile o inverosimile quanto pregnante, agisce in Testa o croce?, stante la formula dubitativa suggerita dall’interpunzione conclusiva, come un giro di vite dopo Re Granchio, che a questo punto è bene dirlo: non è stato un esperimento ma un indicatore preciso. «Ora so come finisce questa storia. A me sembrava una buona idea quella dell’America…», dichiara rassegnata la protagonista Rosa di Testa o croce?, rivolta alla testa o all’intero corpo del buttero ribelle Santino.

Non è quindi la recensione che ha bisogno di evocare dal principio la fine, ma il film stesso ad insistervi, denominato Testa o croce?, marcando l’impossibilità in chiave mitica, di attingere al patrimonio a stelle e strisce per reintrodurlo nel tessuto ambientale e storiografico italiano. Non c’è verso di scappare con le immagini in movimento oltreoceano, individuare nella epopea/prosopopea statunitense, indipendente quando non hollywoodiana, il filo conduttore per proseguire un discorso cinematografico in Italia.

Se Rigo de Righi e Zoppis optano per lasciare aperta, ergo interrogativa, la chiusura, è per meglio marcarla interrogandosi e interrogando, nella contiguità tra lo sfondo celeste e quello terreno che in campo lunghissimo si saldano per dare respiro alla fuga a cavallo di Rosa quando a modo sua ha chiuso i conti con il film e tutti i maschi di turno nei quali si è imbattuta, tra amore e odio, diffidenza e spontanea ostilità. Serve ora mettere da parte i riferimenti obbligati al western più o meno ortodosso, dal John Ford relativista de L’uomo che uccise Liberty Valance al Robert Altman sconsolato di Buffalo Bill e gli indiani, dal funebre Voglio la testa di Garcia di Sam Peckinpah all’ulteriore decostruzione attuata da Marco Ferreri in Non toccare la donna bianca, ovvero la cinefilia, e ribadire in cosa il paesaggio cinematografico contemporaneo prende il sopravvento negli autori di Testa o croce?, cui va il merito per una volta di non aver fatto davvero un western ma un film risorgimentale, che da noi non è mai diventato un genere regolato su base industriale e di mercato, pur agendo a livello narrativo e storiografico nella medesima o temporalmente consimile cornice del XIX secolo. E l’intuizione di aver insistito sul modello “estemporaneo” del racconto da portare oggi sullo schermo, in segno di protesta, di ambiguità o di disagio, non fa differenza. Molti altri colleghi registi italiani vagano parallelamente oltreconfine o ai confini dello storytelling e del reale, assediato dal fantastico. Versano chi più chi meno nella stessa condizione, armati di interrogativo sul presente/futuro, ma senza punto. Sarebbe giunto il momento di incontrarsi, discutere e organizzarsi in vista di obiettivi coerenti e comuni.


 

Testa o croce?
Italia, USA, 2025, 116'
Titolo originale:
id.
Regia:
Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis
Sceneggiatura:
Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis, Carlo Salsa
Fotografia:
Simone D'Arcangelo
Montaggio:
Andrés P. Estrada, Jacopo Ramella Pajrin
Cast:
Nadia Tereszkiewicz, Alessandro Borghi, John C. Reilly, Peter Lanzani, Mirko Artuso, Gabriele Silli
Produzione:
Ring Film, Cinema Inutile
Distribuzione:
01 Distribution

Agli inizi del '900, il Wild West Show di Buffalo Bill arriva a Roma per vendere agli italiani il mito della frontiera, a colpi di fucili a salve e spettacoli di cowboy. Qui, nella cornice di una gara di doma divenuta leggenda tra cowboys e butteri italiani, Rosa, giovane moglie del signorotto locale, si innamora di Santino, il buttero che vince la sfida. In seguito all'omicidio del marito, Rosa e Santino fuggono insieme, con Buffalo Bill sulle loro tracce.

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