Comincia con un funerale, nel 1977, a Roma: quello di Roberto Rossellini, con gran parte della famiglia presente. L'ultima volta che s'incontrarono tutti, dice il nipote Alessandro, di professione fotografo e autore di questo documentario ironico e amarognolo. Ad Alessandro, che allora aveva tredici anni e che ha avuto una vita un po' scombinata dalla quale si è tirato fuori con molta dignità e generosità (attualmente lavora in una struttura per tossicodipendenti), è sempre rimasta la voglia di riunire di nuovo la sua famiglia strampalata e variamente assortita.
Perché Roberto Rossellini era «un personalissimo mix di avanguardia morale e di maschilismo». Ebbe tre mogli: Marcella De Marchis (un figlio, Renzo, padre di Alessandro), Ingrid Bergman (Robin e poi le gemelle Isabella e Ingrid), Sonali Das Gupta (Raffaella, più Gil, il figlio di Sonali dal precedente matrimonio, che il regista adottò).
Ma The Rossellinis è tutto fuorché un esercizio di gossip o di nostalgia: certo, per tracciare la mappa di questa famiglia «espansa» e complicata deve raccontare gli andirivieni non solo sentimentali del regista (in India, dove incontrò Sonali, scappò, lasciando tutti senza un soldo, perché inseguito dai creditori), deve ritrovare i volti dell'epoca, le foto, gli home movies, le cronache di arrivi e partenze e scandali. E lo fa con tatto e buon gusto, attraverso bellissimi materiali di repertorio, sui quali domina un grido: «Francesco! Francesco!», e l'immagine di Anna Magnani che corre, un braccio teso in avanti, verso la camionetta che portando via il suo uomo.
Ecco, subito dopo il funerale e una breve visita, oggi, alla tomba di famiglia, il vero inizio di The Rossellinis è la scena di Roma città aperta, che ritorna più volte nel corso del documentario (compreso nella versione riprodotta sulla pancia del padre in My Dad Is 100 Years Old, il film del 2006 diretto da Guy Maddin e scritto e interpretato da Isabella, che causò un acceso litigio con la sorella Ingrid). Un vero tormentone, perché con quel film Roberto Rossellini impose un'asticella troppo alta, certamente per i suoi figli e nipoti, e forse addirittura per sé stesso.
Così Alessandro va a ritrovare quelli che si sono sparsi per il mondo portandosi appresso quel cognome e il peso di quell'asticella, alla ricerca dei sintomi di una malattia che lui accusa di avere e che chiama «rossellinite»: suo padre Renzo, che si separò presto dalla mamma, la bellissima ballerina afromamericana Katherine L. O'Brien, e che con il benestare paterno divenne regista ma poi è stato soprattutto produttore; lo zio Robin, tanto bello e biondo che fu un playboy, che oggi si è ritirato a vivere su un'isola deserta in Svezia e che con filosofica nonchalance si dichiara immune dalla malattia; la zia Ingrid, che vive a New York dove insegna letteratura italiana all'università e che fin da piccolissima ha combattuto, di fronte allo splendore di Isabella, con il complesso della gemella «bruttina», quando invece è solo diversa, bionda e smilza; Isabella, consacrata «nuova reggente», la zia ricca che «ha fatto la modella» (e molto altro), che è circondata da figli, suoi e adottati, e nipoti, tutti bellissimi, e che non ha peli sulla lingua nel tracciare le tappe dei suoi rapporti con gli altri e con lo stesso Alessandro, dal quale si è sentita un po' sfruttata; e infine, a Doha nel Qatar, Raffaella, che si è convertita all'islamismo e ora si chiama Nur e che, in complesso, appare serena. Tutti negano, spesso sorridendo, di soffrire di «rossellinite», ma l'impressione è che abbiano dovuto fare parecchi giri intorno alle proprie vite per raggiungere la solarità che emanano.
Insieme a Roma città aperta, alla grande pancia materna del nonno e alla figura perduta di Gil, lo zio morto per un'orribile malattia nel 2008 che forse, nonostante fosse adottato, aveva ereditato il tocco paterno, incombe un'altra figura, che imprime una svolta malinconica e decisiva. A un certo punto, Alessandro va in una casa di riposo americana a trovare una signora di colore paralizzata su una sedia a rotelle: è la mamma, Katherine, non più bella, di certo non ricca e forse nemmeno benestante. E alla fine, imprevedibilmente, dopo la riunione familiare e la foto per «Vogue» di tutti i nipoti e discendenti, sui titoli di coda, ecco Alessandro che spinge la carrozzella della mamma in un parco dove la gente, gente comune, sta ballando. Katherine ride e accenna dei movimenti con le braccia. Anche Alessandro ride, e sembra, se non guarito, pacificato.
Roberto Rossellini è stato un genio del cinema ed un padre spiccatamente anticonformista. I suoi amori hanno riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, scandalizzando la rigida morale degli anni Cinquanta e dando alla luce una famiglia numerosa, orgogliosamente multietnica e decisamente allargata. Alessandro, primo nipote del grande regista, ha avuto una carriera traballante da fotografo e un lungo passato di tossicodipendenza. Come primo nipote di un genio, non si sente all’altezza del cognome. Decide così di girare a 55 anni il suo primo film, affrontando con ironia la saga dei Rossellini e obbligando i parenti ad un’impossibile terapia familiare davanti alla macchina da presa.