Per gli spettatori italiani Toy Story 4 comincia in modo straniante: la voce di Woody non è più quella di Fabrizio Frizzi, scomparso più di un anno fa, ma quella di Angelo Maggi, chiamato giustamente a doppiare la voce per lui abituale dell’originale Tom Hanks. È il preludio ideale a una mutazione più grande nella vita del protagonista della più longeva saga della Pixar, giunta a conclusione dopo anni di lavoro e ritardi su questo quarto e a quanto pare ultimo episodio: Bonnie, la bimba che alla fine del terzo episodio ha ereditato i giocattoli di Andy, sembra infatti non volerlo più. Lui, Woody, il cowboy dai modi garbati e gentili, è però il giocattolo più fedele del mondo e imperterrito si fa in quattro per la sua nuova padrona: quando ad esempio c’è da accompagnarla alla giornata d’orientamento nella nuova scuola, o quando c’è da proteggere il suo nuovo giocattolo prediletto, una forchettina usa e getta battezzata Forky…
La storia racconta dal film, diretto da Josh Cooley e scritto da Andrew Stanton e Stephany Folsom a partire dai contributi delle mille persone avvicendatesi nel progetto, tra cui l’ex boss della Pixar John Lasseter nel frattempo dimessosi perché accusato di molestie, è una storia di accettazione e coraggio, di orgoglio e libertà. Come sempre, però, è prima di tutto la storia di un viaggio: quello che Bonnie, accompagnata dai giocattoli storici della saga, compie coi genitori per andare in vacanza e quello che Woody e Forky vivono parallelamente, quando quest’ultimo, seguito disperatamente dal primo, si catapulta in strada perché incapace di resistere alla natura di oggetto-spazzatura.
Come già succedeva negli altri episodi, anche in Toy Story 4 l’on the road è in realtà il contenitore di altri generi che l’animazione si diverte a ripercorrere. Catapultati in un lugubre negozio di antiquariato, Woody e Forky (splendida figura di giocattolo per caso, frignone e in crisi d’identità) incontrano la bambola parlante Gabby Gabby e si immergono in un’atmosfera puramente horror: marionette-maggiordomo dal sorriso inquietante, atmosfere da incubo infantile, inseguimenti nei cunicoli di un negozio chiamato “Seconda chance”.
Per Woody l’incubo è doppio, e riguarda ironicamente la sua stessa voce: Gabby Gabby, giocattolo vecchio e difettoso, vuole rubare il congegno parlante del cowboy e sguinzaglia i maggiordomi per sottrarglielo. L’immagine è quella di una nemmeno troppo velata castrazione simbolica, e il senso è quello tipico del cinema classico: un’assenza che porterà a una diversa risoluzione.
Toy story 4 è per questo motivo soprattutto la storia di “una seconda chance”. Per Woody, certo; ma anche per Gabby Gabby e soprattutto per Bo Peep, la pastorella scomparsa dal terzo episodio e per tutti questi anni al centro di domande senza risposta sulla sua sparizione. È lei, senza dubbio, il personaggio emblematico del film, quello che respira più di ogni altro l’air du temps: smessi i panni della pastorella (letteralmente: indossa dei pantaloni e il gonnellone le serve da mantella), dimenticato l’aspetto bambolinesco e acquisita una mimica facciale più simile a quella della cowgirl Jessie, Bo Peep, dalla remissiva e dolce innamorata di Woody del secondo episodio diventa un’eroina on the road, rifiuta di appartenere a un bambino e sogna di partire col circo. Nella costruzione di questo personaggio sta forse la piccola défaillance del film, che ha sì il pregio di mettere al centro un giocattolo femminile – in una saga dominata principalmente da eroi maschili – ma non il coraggio di lasciarle la possibilità di essere la donna di prima. Per rendere credibile Bo Peep in quanto eroina, gli autori l’hanno infatti assimilata nell’aspetto e nei modi alla narrazione attuale di un certo tipo di donna da social, guerriera e in lotta col mondo, con la porcellana tenuta insieme dal nastro isolante a fare da ferita da guerra…
La vicenda romantica lega comunque la pastorella e il cowboy nel segno di uno scambio reciproco: Woody insegna a Bo Peep l’infinità fedeltà verso i bambini, mentre Bo Peep fa nascere in Woody il sogno della libertà. E sarà grazie al “terzo incomodo” Buzz, confuso in questo quarto episodio con altri nuovi personaggi gregari (due peluche, un coniglio e un anatroccolo – protagonisti in realtà delle scene più divertenti), se il protagonista della saga, nel momento in cui è affermata la sua unicità d’eroe, riuscirà a uscire dal cerchio infinito in cui il “genere formulaico” lo ha imbrigliato, ponendo così la parola fine a un racconto lungo più di due decenni.
Ancora come nel cinema classico, l’orizzonte della vita di coppia elimina la possibilità di un nuovo racconto. È finita così, ben oltre l’infinito, ed è la scelta migliore.
Nella camera di Bonnie, nuova padrona di Woody e dei suoi amici giocattoli, è arrivato Forky, progetto scolastico della bambina trasformato da forchetta di plastica usa e getta in giocattolo. Woody decide di mostrargli gli aspetti positivi di questa nuova vita, nonostante Forky sia fermamente convinto di essere semplice spazzatura. Nel viaggio che porta Bonnie e i suoi giocattoli in vacanza, è proprio Forky a cercare la fuga, con Woody impegnato fino alla fine a salvarlo. Nell'avventure che i due vivono insieme, Woody fa un inaspettato incontro: Bo Peep, la pastorella di porcellana diventata una donna libera e on the road...