"Un corpo è solo un corpo" sospira Olivia Williams in una delle scene centrali di Another End. Tutto il film non è altro che una ricerca, un sondare, se le cose stiano effettivamente così. Nove anni dopo L’attesa, Piero Messina torna a dirigere un film sul tema della separazione, del lutto e delle strategie per elaborare il dolore che ne consegue. Cambia però totalmente contesto inserendo la vicenda in un futuro non troppo lontano in cui un’azienda medica privata è arrivata a padroneggiare una nuova tecnologia capace di impiantare temporaneamente la coscienza delle persone decedute in un corpo ospitante di modo che i parenti e i prossimi del defunto possano ancora una volta, per poco tempo, convivere con la persona cara e trovare il modo di dirle addio.
Tutto questo avviene grazie agli "host", persone che cedono il proprio corpo facendovi impiantare temporaneamente la coscienza dei defunti. E così basta superare lo straniamento dell'aspetto fisico per ritrovare, in un corpo altro, la mente, i ricordi, la coscienza, l'essenza stessa della persona amata. L'incantesimo si spezza quando il corpo, irrimediabilmente, cade in un sonno fisiologico. Ecco allora che degli infermieri di bianco vestiti vengono a recuperare gli host incoscienti sulle barelle e li traportano in un enorme hangar dove questi, piano piano, riprendono la loro coscienza originaria. Ebe (Bérenice Bejo), sorella di Sal (Gael Garcia Bernal), lavora proprio all'interno di questa azienda e con affetto e fermezza sollecita il fratello a ricorrere ai servizi della Another End - questo il nome della società - per poter finalmente metabolizzare la morte della compagna recentemente scomparsa. Dopo un'iniziale ritrosia inizia un viaggio che porterà personaggi e spettatore a interrogarsi su temi quali la memoria, il corpo, l'elaborazione del lutto, la capacità di fronteggiare il dolore.
Davvero il corpo non possiede una memoria propria? E a chi appartiene? È realmente una proprietà che possiamo vendere o, meglio, affittare temporaneamente? Perché alla fine la possibilità offerta da questa nuova, futuristica tecnologia, non è altro che un modo per restituire a chi rimane in vita il tempo interrotto dalla morte o quello perso nelle distrazioni della vita. Per avere un'ultima occasione di stare con le persone care, finalmente pienamente consapevoli dell'irripetibilità del momento presente. Un cast importante con una toccante Renate Reinsve, una sequenza iniziale spiazzante ed efficace e delle ambientazioni che collocano (forse un po' semplicisticamente) il film nell'ambito della sci-fi e del futuro distopico, diventano il motore di una narrazione intorno all'amore e del suo persistere nell’essere transitorio dell’esistenza stessa.