Questa sera su TV8 alle 21.15 torna un grande film che non ci si stanca mai di rivedere: Kill Bill vol. 1 di Quentin Tarantino! Ecco un estratto dalla recensione che scriveva nel 2003 Alberto Morsiani e che trovate per intero su Cineforum 430.
[...] Come e più che nei film precedenti, coesistono qui due mondi diversi ma complementari: da una parte l’universo realistico, più o meno esagerato o stilizzato; dall’altra, l’universo del cinema (nel senso godardiano del termine: un paese in più sulla carta geografica...), un universo che appare più vero di quello reale (di qui la sensazione iconografica di iperrealismo), in cui ci si sente come a casa propria. I personaggi del film passano con disinvoltura da un universo all’altro, spalancando di continuo finestre tra i due. Con Kill Bill questo effetto fondamentale in Tarantino è spinto al limite estremo: i personaggi vivono, attraversando i generi, un'esistenza che è soprattutto cinematografica ma non per questo è meno vera. Mentre però nei film precedenti le convenzioni cinematografiche tendevano a collidere con la realtà, in Kill Bill la realtà è film, l’universo del film è il film, nel senso che abbraccia le convenzioni cinematografiche in modo quasi feticistico.
L’immaginazione di Quentin, nutrita, sin da quando era bambino a South Bay, oltre che dagli hot dogs anche da migliaia di film popolari e trash, crea un mondo e mostra cosa accadrebbe se questo mondo esistesse davvero. Naturalmente, un mondo altro, costruito a sua immagine e somiglianza, dove, ad esempio, le donne non sono affatto il sesso debole ma possiedono istinti predatori pari o superiori a quelli degli uomini, hanno il segreto desiderio di uccidere o di essere uccise. Un universo alternativo basato sui B – movies, irreale e folle e insieme reale e sano. L’utilizzo di anime, l’animazione giapponese, risponde a un simile gusto di contaminazione. Un espediente – il cambio di punto di vista o di linguaggio – prediletto da Tarantino, che è raro nei film ed è invece più frequente nei romanzi: ad esempio, nel corso della narrazione in terza persona, improvvisa- mente un capitolo viene raccontato in prima persona da un personaggio, oppure in forma di lettera. Se gli scrittori godono di una tale libertà, sembra essere il ragionamento di Quentin, e la gente li segue senza confondersi, perché non dovrebbero farlo anche i registi? Analogo il patchwork realizzato per la straordinaria colonna musicale del film, tra Luis Bacalov, Cher, il flamenco e canzoni melodiche giapponesi.
[...] il monopolio verbale e narrativo del regista in Kill Bill si è ancora più allentato; il ruolo del Fato e il determinismo implacabile di Le iene e, parzialmente, di Pulp Fiction, entrato già in crisi con Jackie Brown, è praticamente scomparso, sostituito dalla forza di volontà dei personaggi, soprattutto da quella, sovrumana, della Sposa, per la quale è difficile anche individuare, come nei film precedenti, l’azione di una qualche entità benefattrice o di un angelo custode (Sonny Chiba non è questo). L’eroina si appropria della grazia e della salvezza con la sua straordinaria abilità di guerriera; ed è appena il caso di notare come, partito da un film totalmente al maschile come Le iene, Tarantino sia ora approdato a uno in cui ci sono (quasi) solo donne, e in cui il maschio è detentore di un potere decisamente malevolo, da distruggere a ogni costo.