Whiplash di Damien Chazelle

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Questa sera su Rai 4 in pima serata Whiplash, il film che ha rivelato Damien Chazelle, il quale - solo due anni dopo, appena trentaduenne - si sarebbe aggiudicato l'Oscar per la miglior regia grazie a Lala Land. Riproponiamo la recensione di Manuela Russo che pubblicammo nel 2015 all'epoca dell'uscita del film nelle sale.


È tutto racchiuso nella sua prima inquadratura, Whiplash: il giovane Andrew, solo, "inscatolato" insieme alla sua batteria fra muri stretti, in fondo a un corridoio buio che sembra un tunnel.

Scarno ed essenziale, il film sta "addosso" alla passione del suo protagonista, strenuamente concentrato sull'ambizione di un diciannovenne che si martirizza per diventare uno dei grandi della batteria jazz. L'ascetica auto-reclusione di Andrew lo esilia dalle amicizie e dalla famiglia, che pare incapace di comprendere l'impresa titanica a cui si è votato, ed estromette dal film anche l'immancabile linea narrativa della storia d'amore adolescenziale. Trapela appena, timidamente, davanti a una pizza e ai sorrisi di una ragazza deliziosa e un po' emarginata come il protagonista, ma una volta cancellata, il film non tenta neanche di riacciuffarla, questa love story.

Da questo stesso vuoto pneumatico si materializza fin da subito la figura scarnificata - rughe profonde ed espressività al servizio della propria capacità di manipolazione – dell'inarrivabile direttore d'orchestra Fletcher, ammantato di sadico carisma.

Il rapporto fra maestro e allievo si alimenta di quotidiani duelli psicologicamente e fisicamente estenuanti, che nel film si materializzano in continui rilanci e bluff, aspettative e incertezze quasi da thrillerUna relazione a suo modo sadomasochistica, quella fra i due, di cui i primi piani di Andrew, portato allo stremo della fatica e grondante sudore, suggeriscono la tensione quasi orgasmica.

I frequenti dettagli sulle mani sanguinanti per le ore di esercizio velocissimo e visrtuositico con le bacchette, i tagli poi coperti dai cerotti, rimandano anch'essi a un rapporto in cui la vittima condivide e incarna l'assunto di fondo del carnefice, come dimostrerà la titubanza del ragazzo nel denunciare la condotta del maestro: la lotta contro la mediocrità, il perfezionismo spietato in grado di dare senso a un'intera esistenza, questi gli assiomi a cui entrambi rispondono.

Il film si fa quindi apologo sui confini tra ambizione, talento, sacrificio e autodistruzione, allargandosi alla inquietante domanda a tutto campo: “a che prezzo?”. Quando il maestro ricorda commosso (?) la giovane vita di un suo talentuoso ex allievo spezzata da un "incidente", per alcuni minuti si vive una specie di sospensione, nel sospetto che si tratti del beffardo e spietato presagio di ciò che accadrà ad Andrew, da poco entrato a far parte dell'orchestra a cui aspirava. È l'ennesimo sadico colpo di mano del professor Flatcher o forse il finale che aspetta Andrew dopo i titoli di coda che ne segneranno la catartica vittoria sul suo carnefice?

Uno di quei film che entusiasmano, Whiplashlunghe sequenze "possedute" dai pezzi della batteria in assolo e dalle sue vibrazioni ancestrali, intrecciate da ritmo e tensione, rivalse, nemesi e demoniaco sadismo, propri dei film d'azione, che a una più attenta analisi, pur mantenendo al film tratti di originalità rispetto ad altre pellicole a soggetto musicale, rimandano a qualcosa di già visto.

Il giovane regista Chazelle dichiara del resto apertamente il debito nei confronti del sergente Hartman di Full Metal Jacketnel tratteggiare figura ed eloquio del direttore d'orchestra, e del viso tumefatto di Robert De Niro in Toro scatenato nel presentare la sofferenza fisica, simile a quella di un boxeur, del fare musica.