Ida è una donna misteriosa e silenziosa che vive su una barca a vela. Il film la segue lungo un viaggio che la porta a visitare luoghi e città del Mediterraneo con al seguito un equipaggio multietnico. La donna è affascinata dal mito della Legione Straniera. Il suo percorso attraverso le coste e le acque misteriose del Mare Nostrum, da Marsiglia alla Corsica sino ad arrivare in Algeria, sembra soggiacere alla ricerca di tracce e di vestigia che appartengono o appartennero alla Legione Straniera. Anche se la regista dichiara una palese ispirazione che arriva da Marguerite Duras e in particolare dal suo racconto Le marin de Gibraltar, seppur in modo meno ossessivo, la taciturna Ida sembra una sorta di Achab alla ricerca di Moby Dick. Il fascino delle acque luccicanti in cui Ida ama nuotare non è quello pauroso dell’oceano melvilliano, eppure l’ossessione che la anima sembra avere la stessa radice. Sino all’epilogo quando si reca a Sidi Bel Abbes in Algeria, sede del vecchio quartier generale della Legione, a conversare con un anziano legionario interpretato da Denis Lavant, che aveva proprio il ruolo di legionario nel film di Claire Denis del 1999 Beau travail.
La regista tedesca Helena Wittmann, qui al suo secondo lungometraggio dopo Drift presentato nel 2017 alla Settimana della Critica di Venezia, mette in scena un’ossessione che, nell’anno della retrospettiva dedicata a Sirk, purtroppo non possiamo definire altrettanto “magnifica”. La sua regia privilegia le immagini ai dialoghi estremamente rarefatti, ma è una regia quasi scolastica che non sorprende e meraviglia mai lo spettatore, anche se le immagini del mare sono affascinanti e quasi ipnotiche. Il montaggio è prevedibile e non regala mai un’esitazione, un sussulto, un’emozione. Se l’obiettivo era ricreare una fascinazione letteraria qualsiasi essa sia, l’esito è purtroppo poco felice. Anche l’algida e silente interpretazione di Angeliki Papoulia non aiuta a catturare l’emozione dello spettatore in questo viaggio alla ricerca di ciò che la Legione Straniera ha per decenni rappresentato nel mondo reale e in quello dell’arte cinematografica e letteraria. Soprattutto, il film non riesce a trasmettere il senso profondo dell’ossessione che anima Ida (e la regista).