Nato a Casal di Principe è un film vero. Il romanzo da cui è tratto questo nuovo film di Bruno Oliviero, è stato scritto qualche anno fa da Amedeo Letizia (in collaborazione con la giornalista Paola Zanuttini), volto noto della tv degli anni Novanta soprattutto per essere stato Gigi de I ragazzi del muretto. Amedeo, figlio maggiore di un industriale di Casal di Prinicpe, aveva un fratello, Paolo, del quale di punto in bianco non si è saputo più nulla. Chi era suo fratello? Chi lo ha fatto sparire? Mentre Amedeo va e viene da Roma dove cerca di fare l’attore, Paolo al paese con chi si intrattiene? Che giri frequenta? Amedeo, con la famiglia distrutta, comincia a cercarlo. Inutilmente. Il film si ferma qui, non racconta di come ci siano voluti 25 anni per chiudere (anzi riaprire) quel caso e arrivare a decretare un coinvolgimento della camorra nella sparizione del ragazzo.
Bruno Oliviero, che è uno che sa raccontare delle storie scomode con grande cognizione di causa e con la capacità di evitare la retorica – e non è poco – si dedica soprattutto ad Amedeo, al suo modo di cercare di affrancarsi da quel sistema imperante nella terra dalla quale proviene, al suo spavaldo e coraggioso modo di lottare contro l’omertà. Forse per questo circoscrive il racconto a pochi giorni successivi alla scomparsa di Paolo nel 1989.
Molto curata è la ricostruzione d’epoca che racconta di una provincia apparentemente come tante (tra jeans a vita alta e spalline imbottite, tra bar della piazza e autoradio a palla) ma che invece come le altre non è. Vigono altre leggi in quel territorio e Amedeo lo sa bene. Forse è anche per questo che quando fa i provini a Roma, si siede davanti alla telecamera con sguardo sfrontato e una sicurezza verace nel far esplodere la violenza delle parole e degli atteggiamenti. Un codice comportamentale ed espressivo che, evidentemente, gli viene naturale, con il quale sicuramente ha grande familiarità. Magari questo è anche il suo modo di esorcizzala quella violenza endemica nella terra in cui è nato, è il suo tentativo di trasformarla in qualcosa di produttivo o anche solo di sfuggirla, di cercare un’alternativa. Ma quando il fratello sparisce non può più sfuggire e in quel sistema si deve infilare per cercare di capirci qualcosa.
Ma Nato a Casal di Principe è un film vero non perché è tratto da una storia vera quanto piuttosto perché è diretto, contenuto, molto preciso (a cominciare come detto proprio dalla resa del periodo storico); a volte anche troppo. Poteva infatti osare qualcosa di più Oliviero, evitare alcune modalità della rappresentazione divenute un po' stereotipate anche grazie a quella serialità (Gomorra) dalla quale l’attore protagonista proviene e magari segnare con uno stile più deciso la messa in scena. Però Oliviero sa dirigere bene i suoi interpreti (Alessio Lapice nei panni di Amedeo ma anche Donatella Finocchiaro e Massimiliano Gallo che del ragazzo interpretano i genitori) e nella misura sta forse la forza maggiore di questo film fermo e concreto.