Alice si dirige a passo svelto verso il municipio di Lione, attraversa le strade, scende le scale, accelera per non essere in ritardo. Un motivetto la accompagna attraverso la città mentre diventa sempre più piccola nel campo che si allunga; e la segue ancora dentro all’enorme palazzo, sotto gli immensi lampadari di cristallo, lungo i corridoi che la portano a un anonimo ufficio con una scrivania. Alice si guarda intorno negli ambienti rispetto ai quali non ha dimensione appropriata né look appropriato. Non è sgomenta ma in attesa di capire cosa dovrà fare. Dura appena poco più di un minuto l’attesa prima che Alice - e lo spettatore con lei - venga fiondata direttamente nel vivo dell’azione. Non si sa nulla di lei, se non che ha lasciato Oxford per un impego cancellato prima ancora del suo arrivo. E ora? Cosa può fare una filosofa che esattamente filosofa non è per un politico di lungo corso estenuato dalla routine stessa del suo lavoro? Semplice: fornirgli delle idee. Non come un consigliere ma come una specie di tutor per il pensiero che si è inceppato.
La sclerotizzazione della politica. La mancanza di idee (e di capacità di leggere la contemporaneità). Il ruolo degli intellettuali. Sono già tutti in scena nei primi cinque minuti gli elementi intorno ai quali ruota Alice e il sindaco opera seconda di Nicolas Pariser che il film lo ha scritto oltre che girato. Una sceneggiatura attuale e puntuale, capace di parlare delle derive dell’oggi con un’intelligenza che raramente si riscontra al cinema (e non solo). Più efficace di tante analisi di politologi, di tanti saggi di giornalisti specializzati, certo più diretto di tante maratone tv e più ficcante di tanti interventi pubblici, Alice e il sindaco solleva questioni senza mai deliberare, argomenta senza mai diventare verboso, problematizza senza mai diventare sterile.
Alice e il sindaco è una piccola lucida – straziante eppure leggera, drammatica eppure propositiva - analisi di quest’epoca; un’epoca in cui “i giovani” intellettuali non riescono a guardare al futuro perché non sanno più chi sono, cosa amano e perché si sono impegnati tanto mentre “gli anziani”, che nei posti di potere continuano a sederci, guardano al domani senza più capire veramente neppure le esigenze dell’oggi. Giovani contro vecchi, padri contro figli, generazioni che non dialogano e non si capiscono ognuno arroccato dentro e dietro le proprie frustrazioni e le proprie consuetudini acquisite. Non per Pariser però che ha la capacità di trasformare la sterilità della lamentela nella vitalità della proposizione. Il sindaco sa perfettamente chi è, qual è il suo ruolo, la sua vita, la sua posizione, il suo lavoro e dunque la sua identità. Eppure è perso, così perso da essere disposto ad ascoltare. Alice, al contrario, non ha convinzioni né punti di riferimento se non la sua capacità di ragionare e di mettere a frutto le sue letture; eppure può aiutarlo a ritrovarsi proprio perché le viene data la possibilità di essere ascoltata. La sua indefinitezza infatti vuol dire anche malleabilità, flessibilità, capacità di adattamento, resilienza ed è quello che serve. Se ascoltata.
Guardando un po’ a Rohmer e molto al reale che lo circonda, citando senza spocchia filosofi, scrittori e grandi intellettuali, Pariser gira un film politico per davvero che costruisce una via senza negare le storture del sistema ma provando a riportare la politica alla sua essenza: la capacità di confronto, di ascolto, di pensiero. Alice e il sindaco infatti - facendo ripetutamente appello alla necessità della modestia - non sono in conflitto né personale né generazionale ma, piuttosto, cercano un dialogo per costruire qualcosa. Qualcosa di cosi normale da diventare impossibile per i più. Lo mostra perfettamente il bellissimo piano sequenza che li vede spalla a spalla scrivere (inutilmente) il discorso del sindaco deciso a proporsi per la corsa all’Eliseo: lei suggerisce, lui accoglie, lei corregge, lui puntualizza. D’altra parte “la politica è pensiero in movimento”, dice Pariser, ed è capacità di ascolto, aggiungiamo. E forse basterebbe ritornare all’essenza di queste affermazioni per tornare anche a credere che ci sia una via per una normalità costruttiva.
Per il sindaco di Lione, Paul Théraneau, niente sembra più andare per il verso giusto. Non un progetto, non un'idea originale. Dopo trent'anni passati in politica, Paul si sente completamente svuotato. Per tentare di risolvere il problema gli viene affiancata una giovane e brillante filosofa, Alice Heimann. Tra i due si instaura ben presto un dialogo che avvicinerà Alice al sindaco e sconvolgerà le certezze di entrambi.