Flight Risk - Trappola ad alta quota di Mel Gibson sembra un film d’altri tempi. È uno di quegli action drittissimi che se fosse uscito negli anni ’90 avrebbe probabilmente avuto come protagonista uno tra Steven Segal e Chuck Norris. La storia, come quella di ogni b-movie che si rispetti, si può riassumere in una frase: un’agente federale deve scortare un contabile della mafia dall’Alaska a New York per farlo testimoniare in un processo, ma il pilota del piccolo aereo non è chi dice di essere. Eppure, nonostante Flight Risk sia un film di una semplicità e di una linearità quasi disarmanti, è piuttosto complesso trovargli una collocazione sia nel del cinema d’azione contemporaneo che nella carriera del regista.
È abbastanza evidente, per chi frequenta il cinema di puro intrattenimento, come negli ultimi anni ci sia stato un cambiamento radicale rispetto a un paio di decenni fa: la durata dei film è ormai un concetto uscito totalmente fuori da ogni logica narrativa (l’ultimo capitolo della saga di Mission: Impossible, se mettiamo assieme le sue due parti, durerà 333 minuti); le sceneggiature, spesso influenzate dalla serialità televisiva, faticano a lavorare in modo essenziale e tendono sempre di più al didascalismo estremo; le grandi e lunghissime sequenze spettacolari sono diventate uno standard e l’appartenenza a un franchise o a un universo espanso sembra un fattore imprescindibile. In questo contesto, Flight Risk è un film che, togliendo i titoli di coda, dura 85 minuti, ha una sceneggiatura ridotta all’osso, non cerca in alcun modo di appoggiarsi su coreografie complesse e sta in piedi totalmente da solo, senza rimandi, spin-off e inside jokes. Anche guardando ai contenuti realizzati direttamente per le piattaforme digitali, si fatica a trovare dei prodotti che soddisfino queste caratteristiche tutte in una volta.
Allo stesso modo, anche se inserito nella carriera dietro alla macchina da presa di Mel Gibson, Flight Risk sembra un film alieno: non c’è l’epica di Braveheart, non c’è la violenza brutale e sanguinolenta de La Passione di Cristo e di Apocalypto né lo spirito patriottico de La battaglia di Hacksaw Ridge. Certamente Gibson non è mai stato un regista particolarmente raffinato, però a suo modo è sempre riuscito a lavorare a dei progetti che hanno saputo catturare l’attenzione e l’Academy gli ha sempre riservato un occhio di riguardo. In Flight Risk invece non c’è praticamente traccia di quell’ambizione produttiva e narrativa che da sempre hanno contraddistinto il suo cinema. Anche nella messa in scena, non sembra mai ricercare quel gusto compiaciuto che una situazione del genere richiederebbe a gran voce. Nonostante sia quasi interamente ambientato nell’abitacolo di un aereo, la macchina da presa non riesce mai a trasmettere un senso di claustrofobia né tantomeno di tensione tra i personaggi. È vero che, grazie anche alla durata contenuta, scorre piuttosto liscio, però viaggia come se avesse inserito il pilota automatico, senza (nemmeno cercare) particolari guizzi né situazioni memorabili.
E allora viene da chiedersi perché, a nove anni di distanza da una candidatura all’Oscar, Mel Gibson abbia deciso di tornare alla regia proprio con questo progetto. Da una parte probabilmente ci sono le dichiarazioni razziste, omofobe e antisemite che negli anni ne hanno un po’ ridimensionato il peso all’interno dell’industria cinematografica; dall’altra, forse, c’è la recente investitura di Donald Trump che ha nominato Mel Gibson (assieme a Sylvester Stallone e Jon Voight) “Special Ambassador” con il compito di far tornare Hollywood “che negli ultimi quattro anni ha perso molti affari a favore di Paesi stranieri” più grande, migliore e più forte di prima. E quindi ecco che anche un film d’altri tempi come Flight Risk, che a livello produttivo non sembra c’entrare nulla né con il cinema action contemporaneo né con il suo regista, assume i contorni di un “glorioso” passato che dovrebbe tornare sotto i riflettori. Capiremo con il tempo se effettivamente con questo piccolo film quasi tutto sbagliato, Mel Gibson abbia imboccato una nuova, affollatissima, rotta.
Un pilota è incaricato di trasportare un agente federale e il suo prigioniero al processo. Ma durante il volo, sopra le terre selvagge dell’Alaska, diventa chiaro che qualcuno sta giocando una partita pericolosa...