Per un appassionato è sempre un piacere scovare casualmente un film per cui valga la pena stupirsi e spendere qualche parola in più del solito. Titoli che trovano una distribuzione italiana grazie alla spinta del passaparola web e che vengono consigliati da chi deve dimostrare di intercettare le tendenze prima degli altri.
Tutto ciò si è verificato con Quel fantastico peggior anno della mia vita, ennesimo esempio dell’italica tradizione votata alla traduzione scellerata - l'originale è Me and Earl and the Dying Girl - film che ha conquistato il Gran premio della giuria e quello del pubblico all’ultimo Sundace Film Festival.
Seconda pellicola diretta da Alfonso Gomez-Rejon, si tratta di una teen-comedy esuberante e colorata che, senza innovare, ha la capacità di fagocitare con successo gli spunti migliori provenienti dal cinema contemporaneo. Un vivido mash-up (tecnica di origine musicale dove si montano insieme parti di brani differenti) in cui la cifra stilistica arriva dal dirompente Wes Anderson di Rushmore (1998) e le peculiarità narrative dal sognante Gus Van Sant di L'amore che resta (2011) e dal visionario Yorgos Lanthimos di Dogtooth (2009). Certo, nulla che faccia urlare al miracolo, ma che miracolosamente si trasforma con il passare dei minuti in un dramma agile capace persino di evitare la più insidiosa retorica.
Così come i protagonisti rigirano scherzando i capolavori della storia del cinema, il regista dimostra di conoscere la materia, seppur partendo da una base del tutto ordinaria. Non aspettatevi trovate geniali o stupefacenti inquadrature mai viste. Quel fantastico peggior anno della mia vita è un racconto che procede a capitoli e che interagisce con lo spettatore, stimolandolo con suggestioni acquisibili a diversi livelli. Il cinefilo incallito coglie il riferimento, mentre lo spettatore medio è in balia di ondate emotivamente potenti.
Un crescendo che raggiunge il culmine in una sequenza accompagnata dal brano The Big Ship di Brian Eno (che ha curato l’intera colonna sonora) e che dimostra ancora una volta tutta l’importanza dell’immagine nel mutamento della società. Ciò che negli scorsi decenni veniva definita immaginazione oggi non esiste più: il ricordo e la conseguente capacità di affrontare momenti difficili ora dipende quasi esclusivamente dalla quantità di scatti e video a disposizione e, come in Quel fantastico peggior anno della mia vita, persino la morte in età adolescenziale è meno amara se accompagnata dal potere della macchina da presa.
In quel campo minato che è la vita sociale dei teenagers, Greg evita relazioni profonde e appunta insolite strategie di sopravvivenza, ma scoprirà il valore puro dell'amicizia.