È un magnifico “ritratto di famiglia in un interno” questo Casa in fiamme di Dani de la Orden, trentaseienne spagnolo con all’attivo una decina di lungometraggi e cinque serie TV di successo, dopo aver cominciato a occuparsi di cinema da bambino, insieme alla nonna. Scritto benissimo (la sceneggiatura, di Eduard Sola su un’idea di De la Orden, ha ottenuto quest’anno un premio Goya) e recitato ancora meglio (da tutti gli interpreti ma in particolare da Emma Vilarasau – Montse), il film è una dark comedy intensa e profonda, orchestrata nei minimi dettagli come un meccanismo a orologeria e interessante perché, di ogni personaggio, mette in scena la complessità. Con un cenno di critica sociale, nei confronti di una certa borghesia catalana.
Protagonista ne è la sopra citata Montse, che invita i familiari (l’ex marito e i figli ormai adulti, con il seguito di fidanzate – dell’ex marito e del figlio – e di marito e bambine della figlia) nella casa al mare, a Cadaqués, con la scusa che la vuole vendere per pagare, con la sua parte, l’ospizio per la madre anziana. Il film, dopo i titoli di testa sulle aspre scogliere del luogo che si stagliano a picco su un mare sempre agitato, inizia con lei, con lei in primo piano di profilo con l’immancabile sigaretta, mentre attende il figlio; e si chiude con lei che guarda la sua casa bruciare a causa di una sigaretta buttata a caso, ma forse non proprio a caso, visto che quelle fiamme sono il pretesto per richiamare a sé i suoi cari, dopo il gioco al massacro della parte finale che l’aveva vista alfine, nuovamente, sola. Lo spettatore viene presto a sapere che la madre di Montse in realtà è morta, ma nessuno degli altri personaggi lo sa, e che la casa non si può vendere perché è ora intestata all’ex marito, e anche questo – apparentemente – lo sanno solo lui e la nuova compagna, che funge da deus ex machina e che è, insieme all’altra “estranea”, la fidanzata del figlio di Montse, l’unico elemento psicologicamente “sano” del gruppo. Ogni personaggio, lo scopriremo presto, nasconde infatti qualcosa agli altri o ha una debolezza a tratti patologica, come l’infantilismo/ narcisismo/ vittimismo di David, che emerge a poco a poco, con la vicinanza della madre; e se in un primo momento sembra che ognuno possa fare del bene all’altro, e che Montse sia colei che unisce gli altri positivamente, aiutandoli nel loro percorso di vita, progressivamente si scopre che il personaggio più problematico è proprio lei, anche se, e qui sta la bravura di regista e sceneggiatore, a fine film arriviamo quasi ad empatizzare con questa donna, che ha sacrificato se stessa per la famiglia e ha voluto avere tutti vicini dopo tanto tempo, anche se con una scusa, a causa della solitudine da cui si sente afflitta; solitudine nella quale a sua volta ha lasciato la madre per molto tempo, prima che questa morisse all’improvviso. Blanca, la compagna psicologa dell’ex marito di Montse, ha una funzione essenziale a fine film ma è importante anche nella prima parte, quando le viene chiesto di inscenare un gioco gestaltico e lei fa immaginare agli altri la persona che verrebbe a salvarli da un incendio che dovesse scoppiare nel luogo in cui si trovano e che hanno, a loro volta, immaginato. Il senso di quello che i personaggi dicono sul gioco si scoprirà, o meglio comprenderà, alla fine dell’opera, ma è molto suggestivo che la storia si dipani a partire da una situazione che, nel finale, diventerà reale e scompaginerà ulteriormente le carte.
Perché quel finale, che ha tutte le sembianze della ricomposizione (i quattro familiari vicini come la fenice che rinasce dalle ceneri, la “produzione” che deriva dalla “distruzione”), è invece tristissimo; è come se ci dicesse che, psicologicamente parlando, niente e nessuno potranno mai scalfire quell’unione (familiare) “malata”, perché nessuno dei suoi componenti vuole “guarire” veramente ma soprattutto perché, in certe famiglie disfunzionali, si crea inconsciamente un meccanismo per cui è come se fosse un destino essere lì, rimanere lì nonostante tutto; si è (ri)chiamati lì. Emerge, in particolare, da questo psicodramma familiare l’immaturità delle figure maschili (Carlos, David ma anche Toni), un tema ricorrente nei film del regista.
Chiudo con una sequenza memorabile, quella del lancio di David e della fidanzata con il paracadute: un capolavoro di psicologia e di narrazione cinematografica, dal ritmo invidiabile e dalla perfetta alchimia di umorismo e dramma.
Montse non sta nella pelle per il fine settimana che trascorrerà con tutta la famiglia nella sua casa sulla Costa Brava. Ormai è trascorso diverso tempo dal suo divorzio, il suo ex ha una nuova partner e i suoi figli, ormai adulti, hanno la loro vita. Nessuno le presta attenzione, ma niente e nessuno riuscirà a stroncare la sua eccitazione. Sogna questo momento da troppo tempo. Il fine settimana sarà perfetto… anche se dovrà radere tutto al suolo per riuscirci!