Il titolo è perfetto per riassumere la filmografia di Guillermo del Toro: la fiera delle illusioni, cioè la creazione di un vero e proprio imbonitore da fiera, ci ha guidato all’interno dei suoi tendoni circensi, facendoci scoprire magie, freak e creature fantastiche di vario genere. Anche nel titolo originale del film, Nightmare Alley, c’è tanto di una poetica che ha sempre attraversato vicoli e corridoi spaventosi, puntando sui fantasmi del passato e su inquietudini primordiali.
Se già con il suo esordio al lungometraggio, Cronos del 1993, del Toro apriva la narrazione raccontando di un alchimista del sedicesimo secolo, col passare degli anni la sua poetica si è concentrata sugli spettri del franchismo in Spagna, rendendo i suoi film fantasy-horror (La spina del diavolo e Il labirinto del fauno) operazioni anche “politiche”, in chiave curiosa e inquietante.
A muovere l’intera giostra del suo cinema sono sempre state le sue passioni, da quella per i fumetti (i due riusciti film su Hellboy) a quella per i kaiju (Pacific Rim), passando per il genere horror (Crimson Peak o i tanti lavori di cui è stato produttore).
Un cinema, quello di Guillermo Del Toro, che proprio come in un labirinto di specchi crea riflessi del passato, giocando esplicitamente con i film e i generi amati: cos’è La forma dell’acqua se non un ipotetico sequel de Il mostro della laguna nera di Jack Arnold, a cui si aggiunge l’atmosfera simbolica da Guerra Fredda che si ritrova in tanti film di fantascienza degli anni Cinquanta?
La fiera delle illusioni (nuovo adattamento del romanzo Nightmare Alley del 1946 di William Lindsey Gresham) è per il momento l’ultima attrazione del “Circo del Toro”, una nuova tappa di un percorso sempre coerente, nonostante gli alti e i bassi. Il gioco a specchio, in questo caso, non è soltanto con il film omonimo del 1947 (diretto da Edmund Goulding e come noto vittima di un finale edulcorato imposto dalla produzione), ma con un genere – il noir, di cui riprende le atmosfere – e un modo di fare cinema ben poco consono alle dinamiche contemporanee. Lo si nota soprattutto nel ritmo di un prodotto che si prende i suoi tempi, distante da qualunque logica d’intrattenimento del cinema d’azione ai tempi di Netflix, e che racconta della graduale, lenta e inesorabile devastazione psicologica di un essere umano che diventa sempre più cinico fino a ridursi completamente a una bestia.
Già, perché in La fiera delle illusioni ci sono ancora dei mostri, ma meno visibili rispetto al passato: qui i mostri sono dentro di noi in un costante sprofondare in un abisso simbolico e concettuale, in cui sono le ombre a rivelare molto di più delle luci. Il lato dark si fa sempre più pressante nella seconda parte, fino a raggiungere il suo apice nella potente conclusione.
Lungo il percorso, però, non sono mancati degli inciampi, causati da un coinvolgimento che funziona a fasi alterne, con qualche calo soprattutto nella parte centrale, e un cast non al massimo delle sue potenzialità (chissà se la resa del film sarebbe stata diversa con Leonardo DiCaprio, che avrebbe dovuto interpretare il protagonista, al posto del pur discreto Bradley Cooper?).
La fiera delle illusioni è un altro film ambizioso, affascinante ma imperfetto, un po’ fine a se stesso ma pieno di cuore, all’interno di quella grande fiera che è il cinema di Guillermo del Toro: uno spazio in cui si possono trovare truffe e semplici illusioni, ma anche quel pizzico di magia capace di riportarci indietro nel tempo.
La feria delle illusioni - Nightmare Alley è un film ambientato negli anni '40 e racconta la storia di un uomo, Stanton Carlisle (Bradley Cooper), che oltre a svolgere la mansione di giostraio, è anche un abilissimo truffatore. Riesce, infatti, con grande facilità a manipolare le persone, grazie a una retorica breve e d'impatto. Per mettere a segno al meglio i suoi imbrogli, l'uomo lavora con una psichiatra, Lilith Ritter (Cate Blanchett), più infida di lui, per estorcere con l'inganno del denaro agli spettatori. Le vittime delle sue truffe sono gli esponenti dell'élite newyorchese e i suoi colpi si sono affinati col tempo, grazie all'amicizia con una chiaroveggente Zeena (Toni Collette) e al marito, Pete (David Straithairn), un ex mentalista, che lavoro con lui nel parcogiochi itinerante. Nello stesso Luna Park si trovano anche Molly (Rooney Mara), molto legata a Stanton, il capo imbonitore Clem (Willem Dafoe) e il forzuto Bruno the Strongman (Ron Perlman).
Quando un ricco impresario ed esponente dell'alta società, Ezra Grindle (Richard Jenkins), si ritrova tra il pubblico del parcogiochi, Stanton sembra aver trovato la sua prossima vittima e chiede aiuto alla fidata dottoressa Ritter per truffare il magnate, ma non immagina di certo che quest'ultima sia, in realtà, una sua astuta e abile rivale...