Christopher McQuarrie

Mission: Impossible - The Final Reckoning

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Capita, talvolta, che un capitolo precedente generi così tanta attesa in quello successivo (e finale) da non mantenere le aspettative. La classica montagna che partorisce il topolino. Magari un topolino non proprio così piccolo, siamo sempre negli ampi territori dell’eccellenza del mestiere, probabilmente solo un po’ sottopeso e fuori forma. Così è per questo ottavo, forse, ultimo, ma chissà, le vie del botteghino sono spesso infinite, capitolo della saga di Mission Impossible; Final Reckoning, che nei progetti di due anni fa avrebbe dovuto essere la seconda parte del Dead Reckoning con cui questa vicenda fiume di quasi sei ore di durata era iniziata.

L’Ethan Hunt di Tom Cruise, mentre corre perennemente contro il tempo, si lancia da un dirupo con una motocicletta, si salva da un treno in caduta sfidando le leggi della gravità e aggiorna a ogni film del franchise le già estese possibilità del cliffhanging, questa volta termina il suo lavoro in un mondo che mai come prima ha rischiato di estinguersi per colpa di un’intelligenza artificiale canaglia conosciuta come l’Entità e che è in grado di vanificare ogni sistema di sicurezza nazionale a colpi di deep fake e fake news, in un inquietante aggancio all’attualità che però, ahinoi, rischia di essere considerato superato fin dalle prossime settimane.

L’atletismo come cifra stilistica di Cruise e la regia perfettamente dosata pur nei suoi eccessi di McQuarrie sono un binomio che è garanzia di perfetta riuscita almeno fin dai tempi di Jack Reacher, cioè da quando decisero di fare coppia fissa, cancellando con un sol colpo l’aspirazione giovanile del regista di diventare un perfetto emulo tarantiniano, come aveva mostrato il suo interessante esordio Le vie della violenza, dopo il grande successo ottenuto con lo script de I soliti sospetti. Il matrimonio artistico fra Cruise e McQuarrie ha sempre prodotto lavori di alto livello, pur nella loro semplicità, poiché le matasse da sbrogliare risiedono tutte nella concettualità contorta dell’obiettivo da raggiungere, mai nello svolgimento delle storie, sempre dotate di trame lineari, punteggiate equamente da sequenze che si rincorrono nell’essere sempre più mozzafiato e da parti ripetute didascalicamente dai vari personaggi per guidare il pubblico passo dopo passo.

Probabilmente Final Reckoning eccede. Non nella qualità delle sequenze d’azione, come ogni amante dell’action si augura sempre, ma nell’armonia globale. È evidente lo squilibrio nel colmare i due anni che separano i due episodi (nella finzione sono passati solo un paio di mesi) con un lungo momento introduttivo che dura quanto metà film, nel quale gli sforzi sono tutti volti a ricapitolare la puntata precedente e a far scivolare l’ultimo episodio in un afflato nostalgico attraverso una sequenza dal corposo sapore di supercut che rievoca tutti i momenti antologici dell’intera serie. Solo dopo essersi sganciato dai suoi obblighi di recap il film è libero di seguire la sua solita indole, pronto a sondare gli estremi del globo terracqueo per impadronirsene, passando da un’insolita scena negli abissi oceanici intorno al relitto di un sottomarino russo per poi planare in cielo tra le ali di due biplani, in un momento che entrerebbe di diritto in un altro supercut nostalgico, se solo ce ne dovesse essere ancora uno, prossimamente.

È questo che fa di Mission Impossible uno dei classici più amati dell’action: la spettacolarità (pressoché) gratuita, esaltata dall’IMAX e da scelte consequenziali di inquadratura (transizioni violente tra primo piano e sfondo, inquadrature su scale divergenti in diretta relazione), oltre che da un editing preciso come un metronomo (stupenda la doppia scena di combattimento in montaggio alternato che raccorda l’azione di due luoghi differenti in fluida continuità). Poco importa ai fans, alla fine, se lo script ha un intreccio essenziale o se l’antagonista, il dandy Gabriel (Esai Morales), è concepito come un cattivo più cinico e indifferente che davvero spietato, troppo concreto e quindi privo di sostanza metafisica come la Spectre o come l’Entità qui evocata, e se tutti questi attributi ne riducono la dimensione malvagia, rendendolo un nemico più da poliziesco che da iperbole spy-action. Ciò che conta è la natura peculiare della saga, che via via, nel corso dei quasi trent’anni di vita ha trasformato senza avere un solo momento di cedimento un erede di James Bond nella versione umana degli Avengers nutrita dalla spacconeria di Fast and Furious.


 

Mission: Impossible - The Final Reckoning
Stati Uniti, 2025, 169 '
Titolo originale:
id.
Regia:
Christopher McQuarrie
Sceneggiatura:
Erik Jendresen, Christopher McQuarrie
Fotografia:
Fraser Taggart
Montaggio:
Eddie Hamilton
Musica:
Max Aruj, Alfie Godfrey
Cast:
Tom Cruise, Hayley Atwell, Ving Rhames, Simon Pegg, Esai Morales, Pom Klementieff, Henry Czerny, Holt McCallany, Janet McTeer, Nick Offerman
Produzione:
Paramount Pictures, Skydance Media, TC Productions
Distribuzione:
Eagle Pictures

Ethan e il suo team si trovano ad affrontare una nuova e pericolosa minaccia: devono rintracciare due chiavi che sbloccano un potente sistema di intelligenza artificiale, capace di causare disastri a livello mondiale.

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