Joachim Trier

Segreti di famiglia di Joachim Trier

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Sarebbe bello se oggi si potesse fare un film come Gente comune esattamente come si poteva fare trent'anni fa, e cioè mettendo in scena la crisi familiare per quello che è - un conflitto di desideri - e raccontandola nella sua melodrammatica semplicità di silenzi, traumi, segreti e divisioni. 

Sarebbe bello, anche se oggi è impossibile per via di un mucchio di cose che hanno a che fare con la credibilità sempre in bilico del racconto cinematografico, con la fiducia che non riponiamo più nelle immagini, con l'inevitabile, ormai scontata saturazione di intrecci, ambientazioni, conflitti, situazioni narrative, scelte di regia già vista migliaia di volte. 

Segreti di famiglia, primo film americano del norvegese Joachim Trier, lo scorso anno presentato in concorso di Cannes e ora nelle sale, riesce però in qualche modo a trovare una forma e un'inerzia molto contemporanee - dunque interessanti, per quanto il film sia tutt'altro che perfetto - al melodramma, e in particolare alla sua classica variante familiare

E questo perché racconta la disgregazione di una famiglia benestante americana del New England con la stessa materia di cui a suo tempo era fatto proprio Gente comune: una morte che ha spezzato gli equilibri (un suicidio, di nuovo, per quanto non del fratello, ma della madre), la sorda reazione al dolore di un adolescente, la crisi esistenziale del fratello maggiore, l'impotenza e la colpa di un padre, i flashback che ricostruiscono la figura complessa della morta, una celebre fotografa di guerra tanto brava nel suo lavoro quanto assente in famiglia... 

Essendo però un film del 2015, e non del 1980 e nemmeno di vent'anni successivo - visto che ancora nel '99 PT Anderson poteva permettersi di far vedere alla sua troupe ore di melodrammi anni '70 (tra cui ovviamente il film di Redford, e pure Quinto potere di Lumet) e poi girare Magnolia, che di tutto quel cinema era l'erede impazzito e survolato, come se fosse l'ultima forma possibile di mélo possibile - Louder Than Bombs non può nemmeno accontentarsi di spezzare il racconto e innalzare i toni per farsi ascoltare ed essere credibile. Essendo un film di oggi, per rendere paradossalmente autentico il dolore di cui parla, deve affogare il suo mondo borghese in un mare di totalità e magniloquenza narrativa da super-realismo romanzesco (come se fosse Eugenides, più Franzen, più Zadie Smith, più Jennifer Egan) e prevedere in una trama in fondo semplice più o meno tutto ciò che riguarda la società delle immagini. 

E, dunque, a dare apparente spessore al racconto, nel film ci sono foto di guerra, finti documentari televisivi, autentici filmati dal web di attentati e scenari bellici, elaborazioni grafiche da videoarte, fotografie artistiche, sequenze oniriche in orrido bianco e nero, videogame, ovviamente, e pure, come se non bastasse, frammenti letti in voce over di un diario adolescenziale che sembra un racconto del New Yorker, flashback a incastro, scene raccontate in momenti e punti di vista diversi, in un'esplosione narrativa, visiva e sensoriale in realtà diluita e soffocata in un tono generale che sa di elaborazione del lutto o di semplice vita che procede oltre la morte di una persona cara.

Per fortuna, però, è proprio questo sentimento di vita vissuta, colto nella concretezza di tempo che passa e di relazioni che cambiano, a fare di Segreti di famiglia un film più solido della sua strabordante e non richiesta creatività, e soprattutto di Joachim Trier un regista migliore di quanto la sua stessa ambizione lo condanni a essere. E cioè non un regista capace di cogliere l'immaginario contemporaneo nella sua fagocitante prossimità, ma un sensibile narratore di piccoli momenti di intimità e finezza: un ragazzo che lascia un libro sulla veranda della ragazza di cui è innamorato; lo stesso ragazzo che cammina nella notte con la stessa ragazza e non le chiede niente, si fa bastare il momento; due fratelli che parlano dopo tanto tempo sulle gradinate di un campo d'allenamento; un padre che ritrova il piacere di accudire i suoi figli; una madre che, nel ricordo del marito che forse, come tutti, l'ha idealizzata, sa in realtà apprezzare la forza discreta di una relazione importante per quanto ormai finita. 

Da questi frammenti di grande cinema delle piccole cose, Segreti di famiglia può anche permettersi di mettere in scena - per quanto ovviamente a pezzi, come sentimento perduto e ideale - ciò che oggi è in fondo irrapresentabile: l'unione della famiglia, la sua rinascita, o quanto meno la sua possibilità. Lasciando nell'aria la nostalgia di un cinema lontano che desidereremmo tutti rivedere, ma che se fatto come ai tempi di Gente comune, o anche solo come a inizio anni '90, come in un tardo film di Herbert Ross o Jonathan Kaplan, oggi sarebbe semplicemente fuori tempo e fuori posto. 

Segreti di famiglia
Norvegia, Francia, Danimarca, Usa, 2015, 109'
Titolo originale:
Louder Than Bombs
Regia:
Joachim Trier
Sceneggiatura:
Eskil Vogt, Joachim Trier
Fotografia:
Jakob Ihre
Montaggio:
Olivier Bugge Coutté
Musica:
Ola Fløttum
Cast:
Adi Globus, Amy Ryan, Bridget McGarry, Charlie Rose, Colin Campbell, Cristal Casellas, David Strathairn, Devin Druid, Donna Mitchell, Gabriel Byrne, Harry Ford, Inna Muratova, Isabelle Huppert, Jesse Eisenberg, Jessica Kent, Julian Murdoch, Leslie Lyles, Luke Robertson, Marielle Holland, Maryann Urbano, Megan Ketch, Paul C. Kelly, Peter Mark Kendall, Phoebe Jenkins, Rachel Brosnahan, Reid Jenkins, Rosemary Howard, Ruby Jerins, Russell Posner, Sean Cullen
Produzione:
Animal Kingdom, Bona Fide Productions, Motlys
Distribuzione:
Teodora Film

Una grande mostra a New York celebra la fotografa di guerra Isabelle Reed, scomparsa in un incidente d’auto tre anni prima. Per organizzare l’archivio materno, il figlio maggiore Jonah torna nella casa di famiglia, ritrovando il fratello adolescente, Conrad, e il padre, Gene, un professore di liceo. I tre uomini hanno ricordi diversi di Isabelle e ognuno di loro dovrà riconciliarsi a modo suo con i fatti del passato, scoprendo che nessuno conosceva tutti i segreti che Isabelle ha portato con sé fino alla fine. 

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