Se non fosse basata su fatti realmente accaduti, quella di The Iron Claw sarebbe una di quelle storie che mettono a dura prova la sospensione dell’incredulità dello spettatore. Perché anche conoscendo gli eventi che hanno portato la famiglia Von Erich a entrare nella Hall of Fame della WWE, si fa fatica ad accettare il susseguirsi di incidenti, traumi e tragedie che il terzo film di Sean Durkin racconta. La storia è quella di una dinastia “maledetta”, guidata da un padre che, pur di veder realizzato il sogno di portare a casa l’ambitissimo titolo mondiale dei pesi massimi del wrestling statunitense, vedrà cadere uno a uno praticamente tutti i propri figli. Nella testa dell’ex lottatore Fritz Von Erich non esistono passioni, aspirazioni e inclinazioni personali: i figli rappresentano un unico corpo indistinto e spersonalizzato che deve avere come unico obiettivo condiviso quello di compiacere il padre. I fratelli Von Erich vivono quindi accecati dalla retorica dell’American Dream declinata sullo sport, quella secondo cui attraverso la fatica, il sacrificio e l’impegno ogni risultato è a portata di mano e non esistono sogni impossibili da realizzare. Perseguono ciecamente il sogno che qualcun altro ha scelto per loro e non sembra esserci alcuna via di scampo da questa gabbia familiare e mentale in cui vivono.
In una storia dove i sogni dei padri si trasformano in una maledizione per i figli e in cui gli eventi drammatici si susseguono senza soluzione di continuità, era davvero molto facile cadere nella trappola del film strappalacrime ed emotivamente ricattatorio. Sean Durkin è stato invece abile a lavorare quasi sempre per sottrazione, sia narrativa che sentimentale, puntando intelligentemente sul fuori campo e sulle ellissi in modo da non calcare troppo la mano sulla portata tragica di una storia decisamente ingombrante. In questo modo il film propone una narrazione meno epica e mitizzata di quanto il genere cinematografico e lo sport di riferimento potrebbero far pensare sulla carta; a portare avanti la storia è piuttosto il banale, ma fatale, accumulo di forzature e abusi familiari dalle terribili ripercussioni sulla salute fisica e mentale dei quattro fratelli protagonisti. Ed è così che Sean Durkin sceglie di affidare il peso ideologico, emotivo e narrativo sulle spalle degli interpreti, facendo di The Iron Claw un film sul corpo.
Un corpo che rappresenta per i Von Erich prima di tutto il simbolo di una fratellanza quasi religiosa, il senso di appartenenza a un clan che in qualche modo è capace di trasmettere sicurezza e dare conforto; dall’altra è il mezzo attraverso cui dare credibilità a una disciplina come il wrestling che agli occhi dei più viene vista come una farsa. L’esaltazione della fisicità prova quindi a nascondere e a rendere meno evidente l’artificio di uno sport in cui tutto è principalmente spettacolo. Eppure i corpi dei fratelli Von Erich sono anche l’inganno di chi è costretto a salire sul ring per compiacere chi li ha preceduti, di chi prova a vestire con leggerezza un abito inadatto al proprio modo di essere. Non è un caso che, dopo un prologo in bianco e nero, la regia si concentri proprio su un primo piano del corpo ipertrofico di Zac Efron: la sua fisicità è l’emblema di un involucro modellato secondo le ossessioni di qualcun altro e diventato nel tempo mostruoso e martoriato. In questo senso il casting, che vede coinvolti dei sex symbol come Harris Dickinson, Jeremy Allen White e Zac Efron, è assolutamente perfetto. I loro corpi subiscono traumi e mutilazioni che li allontanano progressivamente da quell’immagine che abbiamo di loro, proveniente dal mondo pubblicitario o dalle loro interpretazioni precedenti. Un po’ come Mickey Rourke che in The Wrestler esibiva le cicatrici, fisiche e figurate, di alcune scelte sbagliate fatte in passato, qui i corpi dei Von Erich sono costretti a “indossare” le conseguenze di decisioni prese per loro da qualcun altro.
Stati Uniti, anni Ottanta. I fratelli Von Erich, all'ombra di un padre/allenatore predominante, cercano la gloria nel competitivo e violento mondo del wrestling professionistico.