Delinquenti sessuali. Di quelli che suscitano solo odio e ribrezzo. Che lasciano segni indelebili nelle loro vittime. Gli “infami”, come dicono in carcere. Eppure esseri umani. Persone che hanno pensieri ed emozioni, oltre alle pulsioni incontrollabili che li hanno trasformati in “mostri”.
Chi li può aiutare a prendere coscienza di ciò che hanno fatto, per non ricadere un giorno nella stessa violenza? Come dare un senso alla loro punizione, che non sia solo vendetta e segregazione, ma anche la possibilità di “mettere a fuoco” se stessi e il proprio rapporto con l'altro?
Ecco il perché di un progetto nato nel carcere di Bollate, per prevenire la recidiva dei sex offenders. Ecco il perché di questo film (distribuito da Lab 80), che mette a confronto condannati, terapeuti e spettatori. Un dialogo a tre voci, in cui ci ritroviamo al centro della stanza-scena, insieme al regista Claudio Casazza, che rimane lì ad ascoltare, semplicemente, rigorosamente, lasciandoci alla mercé di un mondo che di solito rimane fuori campo (rimosso, osceno). E fuori fuoco sono i condannati, che non hanno un volto e una storia, per non correre il rischio di trasformarli in “personaggi”, di esporli al pregiudizio (etico, etnico, estetico...), di ridurli a oggetti di un esperimento sociale.
Il nome del progetto è freddo, burocratico: “Unità di trattamento intensificato per autori di reato sessuale”. La sostanza, invece, è altamente infiammabile. Ascoltiamo brandelli di conversazioni, racconti in prima e seconda persona, ragionamenti capziosi e/o rivelatori, discussioni tra condannati, psicologi, criminologi, educatori, ricordi di abusi terribili (a volte con slittamenti lessicali e cambiamenti di senso che ribaltano la prospettiva del colpevole, ma anche quella del terapeuta).
Incontri, riunioni, laboratori artistici, partite di pallavolo, alternati a inquadrature-fotografie che disegnano spazi vuoti, volumi che chiudono e schiacciano, teorie di sbarre e di cieli lontani. Fino ad arrivare al confronto tra i condannati e una vittima di abusi, il momento in cui il materiale raccolto da Casazza in un anno di lavoro (duecento ore di girato) prende fuoco, rivelando l'umanità che di solito è nascosta dietro la disumanizzazione del dispositivo, indicando una speranza, una possibilità, figlia dell'incontro e del confronto, della lotta contro gli stereotipi, della consapevolezza.
Rei d'aver commesso reati sessuali, Sergio, Gianni, Giuseppe, Valentino ed Enrique sono i protagonisti di un percorso sperimentale in cui criminologi e terapeuti tentano di sottrarre gli uomini alle loro pulsioni incontrollate.