Alain Parroni

Una sterminata domenica

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Si può raccontare il nulla; molto più difficile è filmarlo. È ciò che con molto coraggio fa il giovane Alain Parroni, esordiente, ma con idee piuttosto chiare sul modo di restituire la forte sensazione di vuoto che attanaglia i suoi personaggi, un terzetto di coatti della provincia romana che si lascia vivere, tra sentimenti incrociati apparentemente candidi e interminabili giornate da trascorrere in contesti fatiscenti. Una sterminata domenica, titolo altisonante se rapportato a un verso di Vittorio Sereni (Nel sonno, del 1965), è un film che pare visto dal di fuori di un enorme acquario, dentro il quale i soggetti, due ragazzi, Alex (Enrico Bassetti) e Kevin (Zackary Delmas), e una ragazza, Brenda (Federica Valentini), lasciano che gli avvenimenti si verifichino, senza affrontarli, al massimo accettandoli. Oppure ribellandosi in modo scomposto e disperato. In una perenne estate, umida, appiccicaticcia, indolente. Ferma nel suo tempo.

Il lavoro di Parroni, premiato alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti e con il riconoscimento della stampa internazionale, va oltre la sceneggiatura scritta insieme a Giulio Pennacchi e Beatrice Puccilli, e si fissa sull’immagine, lasciando che siano i vari piani a caratterizzare gli scarni eventi e a renderli significanti. Perché la storia, in sé, ha qualcosa di già visto da altre parti ― influenze e riferimenti, voluti o meno, che formano una lunga lista di attinenze notate un po’ ovunque fin dalla proiezione al Festival. Se fosse solo per le amicizie asimmetriche che sfociano in una triangolazione di sentimenti, per i personaggi periferici alla deriva, per l’astenia con cui è affrontata la vita, per il percorso di (de)formazione totalmente statico dei tre protagonisti, Una sterminata domenica sarebbe soltanto uno dei tanti film che puntano a descrivere uno stato di prostrata inadeguatezza priva di sbocchi, dovuta anche alla prigione di vetro del proprio luogo di appartenenza.

La differenza, invece, sta tutta nella cura delle singole inquadrature. È in questo che l’esordio di Parroni riesce a distinguersi dagli altri lavori dall’ispirazione simile e a proporre una sua intima e coerente originalità. I piani sono tutti sovradeterminati, la composizione attenta a calibrare le linee di forza interne e a creare equilibri volumetrici, quasi a ribaltare con vigore la tentazione di vedere nel film un documentario sull’apatia della gioventù della provincia. La complessa costruzione è il modo con cui Parroni propone il suo sguardo, un richiamo prestidigitatorio che si impone all’attenzione del pubblico e che solo il fortunato bilanciamento con un contesto degradato e avvilito impedisce che diventi svolazzo estetizzante. Perlomeno fino alle ultime sequenze, quando l’esplicitazione della crisi si fa visione rifranta e stroboscopica, fin troppo esibita dal film e fin troppo sfruttata dal cinema, nel passato (anche recente: si pensi solo al finale di Aftersun di Charlotte Wells, in cui la protagonista ripensa all’ultimo incontro con il padre). In altre occasioni, invece, l’immagine del film gode di una vitalità talmente ampia che si espande fino al versante del simbolico, come nelle primissime scene, quando, in una sorta di predestinazione simbolica dell’intreccio, i campi e controcampi su Alex e Brenda sul tagadà e i piani della stessa ragazza sui calcinculo alludono a un’azione che inganna sulla sua evoluzione pur girando intorno allo stesso identico punto.

Una sterminata domenica è soprattutto la storia di confini invalicabili. Quelli generazionali, innanzitutto. Intorno ai tre ragazzi c’è un vuoto da parte degli adulti. Completamente assenti. Non un genitore, tantomeno una figura guida. E quando accidentalmente compaiono, sono inquadrati privi della testa, tagliata dal margine superiore del quadro. A parte il pastore Domenico, un altro marginale destinato all’estinzione, ci sono solo anziani: la nonna di Brenda, che tenta di risolvere i problemi con rimedi superstiziosi; i vecchi contro cui Kevin si rivolge sprezzante mentre ascoltano l’angelus del Papa in Piazza San Pietro. Alex, Kevin e Brenda sono una zattera alla deriva chiusa nel suo mondo di messaggi e social con cui i tre giovani si alimentano vicendevolmente illudendosi, ma il mondo adulto è loro precluso, né concede un aiuto nel momento del bisogno, malgrado la disperata richiesta di Kevin (nella scena dell’ingorgo nel tunnel, per non spoilerare). L’altro confine è un paradosso geografico. Dal lunare litorale romano a Roma sono poche decine di chilometri, ma in mezzo c’è tutto un mondo di diversità. Roma è una percezione, non un luogo reale: un altro merito del giovane regista è di evitare la visione olografica della città per restituirla come un altrove dell’anima, uno scenario di estraneità nel quale i posti notevoli sono proposti come scatti da inserire nello stato di WhatsApp o da desacralizzare (vedi i busti risorgimentali del Gianicolo marchiati con il rossetto). Non si tratta però di un capovolgimento rivoltoso, perché questa non è una generazione che punta alla rivoluzione, è solo un involontario ripiegamento verso un’alienazione giocosa che nasconde piccole tragedie intime.


 

Una sterminata domenica
Italia, 2023, 115'
Titolo originale:
id.
Regia:
Alain Parroni
Sceneggiatura:
Alain Parroni, Giulio Pennacchi, Beatrice Puccilli
Fotografia:
Andrea Benjamin Manenti
Montaggio:
Riccardo Giannetti
Musica:
Shiro Sagisu
Cast:
Enrico Bassetti, Zackary Delmas, Lars Rudolph, Federica Valentini
Produzione:
Fandango, Alcor, Art Me Pictures, Road Movies Filmproduktion, Rai CInema
Distribuzione:
Fandango

Roma, estate. Brenda è incinta. Alex ha appena compiuto 19 anni e sta per diventare padre. Kevin riempie la città con il suo nome. Ognuno tenta di lasciare il proprio segno nel mondo. Sempre connessi tra loro, ronzano tra la campagna del litorale e la città eterna, tentando di resistere a proprio modo all'inesorabile avanzare del tempo e del caldo…

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