John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr. I Beatles. La band, nata a Liverpool nel 1960, amata o disprezzata, ma innegabilmente, per tutti, un punto di rottura e di non ritorno per il cambiamento della società moderna. E come sarebbe, allora, il mondo, se i Beatles non ci fossero mai stati, se cercandoli su Google, oggi, non apparissero altri termini di ricerca che una serie di scarafaggi? Parte da qui, da questo espediente divertente – ma non troppo originale, vista la polemica innescatasi in questi ultimi giorni con il fumettista David Blot, autore di un’omonima graphic novel del 2011 - Yesterday di Danny Boyle. Parte, ma non arriva mai.
Protagonista è Jack Malik (Himesh Patel), un aspirante musicista ormai quasi arreso all’idea del fallimento del suo sogno che, dopo un incidente, si sveglia in un mondo che – non ci è dato di saperne il motivo, e forse non è neppure necessario – ha dimenticato per sempre i Fab 4. Diverte, allora, quella prima metà del lungometraggio in cui il povero Jack si trova ad essere guardato con sguardo interdetto, quando cita i nomi dei componenti di quella che teoricamente è una delle band più celebri di sempre, o ad essere ascoltato con aria sognante, quando imbraccia una chitarra a un pranzo tra amici e si cimenta in una cover di Yesterday. Fa ridere, la ricerca in rete di Sgt Pepper’s che rimanda ai peperoni, l’avido “scartabellare” tra i dischi, che non conduce da nessuna parte, e quella scena – girata con il climax di un thriller o di un film di supereroi – in cui il ragazzo, sentendo su di sé la responsabilità di restituire al mondo un bene così prezioso, si butta a capofitto nella riscrittura dell’intero repertorio beatlesiano. Eppure, da qui in poi, la trovata comincia a scricchiolare e il film a crollare.
Togliere i Beatles dal mondo, non può – davvero non può – limitarsi a lasciare un vuoto così piccolo. Certo, quanto Jack cercherà gli Oasis in Internet, non ne troverà traccia, ma quanti di quei dischi alle sue spalle non avrebbero dovuto esserci, in questo mondo pseudo-apocalittico immaginato da Boyle? E soprattutto, che fine hanno fatto le vere ripercussioni di una scomparsa di questo tipo? Partiamo dall’industria discografica, che grazie ai Fab 4 subì un’impennata di profitti; passiamo per le vendite di strumenti musicali, per il proliferare di garage band, alcune delle quali, arrivarono anche al successo; e arriviamo agli aspetti collaterali: l’aumento delle tirature delle riviste inglesi del tempo, le folle urlanti di ragazze, le ripercussioni nel look.
Dagli abiti - una su tutte la minigonna, che in un effetto domino diede il via alla liberazione della donna -, al parrucco, i Beatles crearono un (e più d’uno) nuovo stile, un mercato (contrabbando compreso) globalizzato che aveva come target un utente, non più scelto sulla base della provenienza ma dell’età. Si rafforzava il “mondo giovanile”, contrapposto e distinto da quello adulto, alla ricerca di un suo pensiero da condividere, e di una voce. Un processo che, di nuovo in un effetto domino, porterà ai moti studenteschi e alle più grandi conquiste in termini di diritti della democrazia moderna. Ma ancora, come si può, in un mondo senza Beatles, non pensare alle implicazioni che avrebbe avuto, la loro non-esistenza, sul veicolo di messaggi come il pacifismo o l’integrazione razziale? Tutto questo scompare. Tutto questo si risolve in un patetico John Lennon ancora vivo, ritirato a vita di campagna, che consiglia al protagonista “di scegliere l’amore”, finendo per essere il “la” di una chiusa romantica banale e stucchevole.
Il risultato, insomma, che Boyle e lo sceneggiatore Richard Curtis imbastiscono, è una commedia semplice, senza guizzi, troppo spesso scontata (siamo davvero lontanissimi da “The Millionaire”), e riassumibile nel concetto che – ma anche qui ci sarebbe stato da analizzare più a fondo, visto il rapporto diretto di una band col suo tempo – le canzoni dei Beatles, anche cantate da un giovane sconosciuto, anche “inventate” oggi, avrebbero successo. Insomma, i Beatles sono sempre i Beatles, e piacerebbero comunque, al punto che Ed Sheeran (che sembra non vestire benissimo i panni di se stesso, in questo impacciatissimo ruolo attoriale) sentendole, le vorrebbe ad aprire un suo tour. Peccato che poi, il buon “talent scout”, sia affiancato da una stereotipata agente, incarnazione dell’avidità, e anche il senso di colpa nell’aver rubato consapevolmente il frutto del genio altrui, pur portando Jack a rinunciare al successo, non venga davvero messo in scena.
Un grande dubbio resta, a titoli di coda avviati, anche a proposito di tutti quegli altri elementi “scomparsi” che Boyle dissemina nel film: non esiste la Coca Cola, non esistono le sigarette, non esiste neppure Harry Potter, ma, di nuovo, perché e con quali conseguenze?
Jack Malik è un cantautore emergente in una piccola cittadina costiera inglese che vede i sogni di fama svanire rapidamente nonostante la sua accanita devozione e il supporto della sua migliore amica dai tempi dell'infanzia, Ellie. In seguito ad un assurdo scontro con un autobus causato da un misterioso blackout globale, Jack si sveglia e scopre che i Beatles non sono mai esistiti... e si ritrova a che fare con un dilemma davvero molto complicato. Esibendosi con le canzoni della band più grande della storia per un mondo che non li ha mai sentiti, e con l'aiuto di Debra, la sua agente americana dal cuore d'acciaio, Jack riscuote un enorme e improvviso successo. Ma nella sua ascesa alla gloria il cantante rischia di perdere Ellie.