Morto ieri sera, a Varsavia – in seguito a un'insufficienza polmonare - il regista polacco Andrzej Wajda. Considerato un maestro del cinema polacco, autore di classici del cinema europeo a partire dalla metà degli anni '50, film come Generazione (1954), I dannati di Varsavia (1957) e Cenere e diamanti (1958), Wajda aveva da poco festeggiato i novant'anni.
Se ne va lasciando, come testamento e summa della sua opera, Afterimage (Immagini Residue), il film che avrebbe dovuto presentare alla prossima Festa del cinema di Roma (la proiezione sarà giovedì 13 ottobre) e che racconta la storia di Wladyslaw Strzeminski, pittore vittima delle persecuzioni comuniste, nonché personalità complessa in senso artistico, politico e sociale. Un'opera che, seguendo un percorso comune all'intera carriera di Wajda, porta in scena l'impegno politico e civile, e i temi dell’antisemitismo e della lotta ai totalitarismi.
Nato nel 1926 a Suwalki, cittadina del Nord della Polonia, Andrzej Wajda aveva infatti perso il padre durante la seconda guerra mondiale e, ancora adolescente, si era arruolato per combattere i tedeschi (che occuparono la Polonia per sei anni). Due esperienze fondamentali, che, segnandolo, hanno fatto da filo conduttore nelle sue opere, valendogli numerosi riconoscimenti. Un premio della della giuria al Festival di Cannes nel 1957 per I dannati di Varsavia; una Palma d'oro nel 1981 per L'uomo di ferro (in cui fa una piccola apparizione il leader di Solidarnosc, Lech Walesa, nella parte di se stesso); il Premio Fipresci degli European Film Awards per Walesa - L'uomo della speranza (biografia del Premio Nobel basata su un'intervista di Oriana Fallaci, presentato alla Mostra del cinema di Venezia alla presenza dell'ex Presidente Solidarnosc); e infine l’Oscar alla carriera, nel 2000.
Tra gli altri suoi capolavori, Paesaggio dopo la battaglia (1970), tratto dai racconti di Taddeus Borowski e ambientato negli anni dopo la liberazione dei campi di concentramento nazisti in Polonia, e Danton (1983), biografia del rivoluzionario francese, interprato per l'occasione da Gerard Depardieu, che rilegge la storia contemporanea della Polonia alla luce delle ambiguità e delle tragedie del passato.