Oltre che a livello socio-politico e culturale il #MeToo ha avuto una notevolissima influenza all’interno del panorama audiovisivo cinematografico e seriale, andando a ridefinirne (non sempre al meglio) paradigmi narrativi e visivi e dando diversamente rilevanza alla centralità del corpo femminile sulla scena, e quindi a tutto un complesso di significati e prospettive che emerge e vi prorompe con forza. Negli ultimi anni abbiamo visto attrici portare fieramente con sé, nella finzione come nella realtà, una vera e propria mitologia emendata e riscritta.
I volti e i corpi più noti sono senz’altro quello di Elizabeth Moss, che ha impersonato la paranoia del pedinamento e dello sguardo ossessivo in L’uomo invisibile di Leigh Whannel – straordinario ripensamento in chiave femminista del racconto di H.G. Wells – e le vessazioni di una società patriarcale distopica nella serie tv Il racconto dell’ancella, tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood. E poi quello di Rachel Brosnahan. Indimenticabile paladina di autodeterminazione in La fantastica Signora Maisel di Amy Sherman-Palladino e che vedremo seguire un percorso non dissimile nello splendido I’m your woman di Julia Hart, disponibile su Amazon Prime Video.
L’inaspettata irruzione di un neonato in casa di Jean/Rachel Brosnahan e Eddie/Bill Heck fa da apripista alla narrazione. Eddie lo presenta a Jean come “loro figlio” anche se la donna sa di essere impossibilitata ad avere bambini. Eddie pretende poche parole e non le concede alcuna spiegazione. Porta a casa il bambino aspettandosi nient’altro che complicità coniugale (e non solo, come vedremo) e neanche il tempo di arrivare che subito Jean ridiventa sola, come nei primi minuti del film, all’arrivo di alcuni colleghi. Quella notte Eddie l’avverte che non sarebbe tornato. Jean viene svegliata da Jimmy, un amico, che la intimerà ad andarsene immediatamente perché in pericolo, a causa di un incidente lavorativo di Eddie, costringendola a mettersi in viaggio con Cal/Arinze Kene.
Prendiamo un gangster movie e ricodifichiamone la traiettoria e il punto di vista e abbiamo I’m your woman. La narrazione è costellata di pochi altri elementi sparsi nel corso delle due ore del film - tra cui i personaggi di Cal e Terri in cui s’imbatterà subito Jean - perché ogni cosa deve essere per Julia Hart misurata per far affiorare il senso di disagio e confusione via via provato da Jean dopo essere stata abbandonata. Il delitto l’ha compiuto suo marito ma ad essere inseguita è lei. È lei a dover espiare, anzitutto, la “colpa” di non poter essere madre, spiattellatagli da suo marito portandole in casa un bambino; ed è lei a doversi nascondere nonostante sia stato suo marito ad averle mentito per tutta una vita. Il personaggio di Jean è in questo senso emblematico di una condizione comune per molte donne sul finire degli anni ‘60: la dipendenza economica dal partner, la difficoltà nello stare da sole (“I’ve never been on my own”, dirà Jean) e nel tentare di percorrere un proprio, intimo itinerario.
Ed è proprio questa difficoltà che I'm your woman mette in scena. Julia Hart viene coadiuvata in fase di sceneggiatura dal produttore di La La Land Jordan Horowitz e scioglie l’intelaiatura della trama e dei destini che legano i quattro personaggi principali prediligendo un ritmo lento ed equilibrato in cui l’azione viene relegata a due o tre momenti per concentrarsi sulla graduale presa di consapevolezza di Jean sul suo processo metamorfico, vissuto non per caso dalla sua controparte in La fantastica Signora Maisel. Continuare ad essere nel mondo senza regole doveri o un ruolo prestabilito cui adempiere silenziosamente. E Hart sviscera questa condizione nella forma di un atipico gangster movie dove ci si affranca quasi del tutto dalla predominanza dell’elemento maschile, non per aderire passivamente a un programma o a un manifesto politico, mettendo la "tesi" al servizio dell'immagine, ma per focalizzare l’attenzione dello spettatore sulle conflittualità di chi rimane solitamente sfocato e indistinto nel background di una storia.
Ambientato negli anni 70, I’m Your Woman segue le vicende di Jean e di suo figlio appena nato. Jean sta tentando di fuggire dai trascorsi criminali di suo marito, trasformandosi da casalinga protetta a una tosta madre in fuga. In questo difficile momento viene aiutata da Cal e Teri che la guidano nel diventare consapevole del proprio potere.