Il mare non bagna Napoli. Piano, piano, opera prima di Nicola Prosatore (il regista della docuserie Wanna), racconta, nei toni di una favola iperrealistica, il coming of age di Anna (Dominique Donnarumma, al suo esordio), tredicenne che vive con la madre Susi (Antonia Truppo, ispiratrice e coautrice della sceneggiatura) in una palazzina dell'estrema periferia di Napoli. È il 1987 e la Storia entra, impetuosa, nelle loro vite, deragliando e scardinando il tempo presente. Da lontano, fuori campo, il Napoli di Diego Armando Maradona, si avvicina, partita dopo partita, alla conquista del suo primo scudetto. Da vicino, madre e figlia – insieme ad altre persone che vivono nel quartiere – sono costrette ad elaborare la notizia che se ne dovranno andare, perché da lì a pochi mesi verrà costruita una sopraelevata, l'Asse Mediano, che spazzerà via per sempre il loro microcosmo.
Ed è in quelle palazzine che si svolge tutta la storia di Piano piano, lontana dal mare di È stata la mano di Dio – ma collocata negli stessi anni; quelli del televideo, di Raf e di Space Invaders. Prosatore cerca di esplorare un tipico viaggio pre-adolescenziale alla scoperta di sé, all'interno di un contesto sociale problematico, e largamente sovrarappresentato in tv e nei film (forse, negli ultimi anni, ai limiti della saturazione). Oltre ad Anna, pre-adolescente che non vede l’ora di diventare grande, e sua madre Susi (non dissimile dal personaggio di Valeria Golino in La vita bugiarda degli adulti) – che ripone nella figlia tutte le aspettative di quella vita che lei non ha potuto avere – nel film si scorgono, attraverso lo sguardo voyeuristico della ragazza, alcune figure che popolano – e riempiono – il cortile antistante la palazzina. Anime dimenticate, inclini all'alcool, alla droga o imbrogliate con la camorra. Anna, soprannominata 'a Principessa – per il suo tenersi lontana dagli altri e guardare tutti dalla finestra della cameretta – è combattuta di fronte alle attenzioni di due ragazzi, Ciro (Massimiliano Caiazzo), che già lavora per il boss della zona Don Gennaro (Lello Arena), e Peppino (Giuseppe Pirozzi) che ammira chi, come Ciro, ha già un suo posto in quel mondo.
Quando Anna e Peppino cominciano a vedersi segretamente da tutti evadendo ogni giorno dal cortile attraverso un buco che li porta nella campagna circostante, il film si apre verso una nuova narrazione che ruota intorno a ‘o Mariuolo, un uomo misterioso al quale Peppino ha il compito di portare da mangiare nel capanno isolato dove vive nascosto. Anna si scopre così attratta dal proibito, dall'ignoto, da ciò che si cela dietro la figura del latitante e soprattutto dalla possibilità di trovare la propria felicità in quel posto dimenticato, dove non sembrano esserci aspettative, dove non ci sono sogni. Eppure Anna, famelica di sguardi, proprio nella dimensione di questa favola nera – che fa pensare ai fratelli D'Innocenzo senza mai crederci fino in fondo – sembra trovare spazio per l’energia che la nutre, lì, in quel mondo che sa essere brutale e sporco, cerca l’amore e la libertà di cui ha bisogno.
Prosatore dà vita ad una fiaba delicata, a tratti acerba, non del tutto risolta, sul cambiamento, sul passaggio, insieme doloroso e magico, verso l'età adulta, che coincide, inevitabile, con la fine del candore e con la scoperta del proprio Io in luoghi inattesi. Anna ha tutto da perdere ma, ostinata, stringe in mano la bandiera del Napoli – riferimento palpabile alla Libertà che guida il popolo di Delacroix –, segno di quella libertà tanto desiderata, e pronta ad esplodere.
Anna è quasi adolescente nel 1987. La finestra della sua stanza affaccia sul cortile di un palazzo-castello in mezzo a un bellissimo nulla che sta per trasformarsi in una nuova epoca. L'incontro con Peppino, un ragazzo della sua età, e con quel Mariuolo che ha destabilizzato il quartiere, la porterà ai confini di quel piccolo mondo. L'infanzia che deve per forza finire e l'adolescenza che cerca il proprio spazio e l'attesa del suo riscatto. Lo stesso che farà tremare un'intera città.