Le particelle gialle salgono nell’aria dal palco. Un dettaglio apparentemente insignificante, quasi poetico sotto gli occhi più romantici, ma quando si realizza con estrema crudezza che quelle particelle non sono altro che “particelle di polvere e i vapori dei cadaveri” della sera del 13 novembre 2015 al Bataclan, tutto cambia. È una delle immagini chiave dell’ultimo film di Isaki Lacuesta Un anno, una notte, presentato in concorso al 72° Festival di Berlino. Il colore brillante delle particelle, fa parte dei colori accesi della vita vivace, fatta di concerti improvvisati e uscite con gli amici di Ramon (Nahuel Pérez Biscayart) e Céline (Noémie Merlant), due giovani innamorati basati sulle figure del regista Ramon Gongalez (autore del racconto autobiografico su cui si basa il film, Paz, Amor y Death Metal) e la sua fidanzata, presenti quella notte.
La memoria e le particelle del palco funzionano allo stesso modo: a sprazzi. Il film rappresenta un’intimità estremamente vulnerabile dei due protagonisti nell’arco di un anno di tempo resa frammentaria irrimediabilmente dai ricordi di quella terribile notte; i momenti di serenità e di tentativo dei due protagonisti di riconquistare quel brio, quella spensieratezza di prima vengono distorti e interrotti crudamente dai flashback. Lo spettatore è un voyeur, presenza incarnata degli occhi di tutti puntati sulle vittime, che li spia da lontano in cornici dentro alla cornice cinematografica, attraverso specchi e vetri, mentre i protagonisti tentano di affrontare il dolore, a modo loro. E questo dolore, viene compreso solamente quando ci si avvicina a loro. Quando si vedono i momenti che dovevano essere di pura spensieratezza come andare fuori a festeggiare con gli amici, scatenare un turbinio di emozioni. Quando le frasi ispirazionali di Churchill nei messaggi che dall’esterno, oltre un vetro che dà una tranquillizzante sicurezza, sembrano perfettamente rassicuranti, non diventano altro che frasi vuote. Quando si sente ogni parte della loro storia.
È questo il punto focale della narrazione di Lacuesta: raccontare quella notte non come un resoconto dei fatti, ma raccontare la storia di due sopravvissuti che potevano essere chiunque tra noi e sublimarla a un’esperienza di dolore e guarigione, morte e vita, universale. Ramon e Céline non lasciano allo spettatore sprazzi della loro memoria fatta di piccoli gesti come la canzone che Ramon sembra non ricordare mai, il respiro ritmico di Céline quando si svegliano insieme, il loro costante bisogno di doversi rassicurare ed essere lì l’uno per l’altra, la sensazione di doversi lavare, sciacquando via quell’atrocità, l’avere costanti litigate perché il dolore è troppo quando l’alcol non può far dimenticare tutto e il ricordo della particelle che si alzano dal palco. Ma gli regalano un intimissimo anno della loro vita, spezzato da una notte, come essenza di un’esperienza umana totale.
Céline e Ramon sono una giovane coppia sopravvissuta all’attacco al Bataclan di Parigi. Mentre lei vuole lasciarsi tutto alle spalle, lui torna ripetutamente con la memoria a quella fatidica notte per ricordare cosa è veramente accaduto. Il loro amore è ad un bivio: come rimanere uniti e andare avanti assieme?