Come in Control, dove Anton Corbijn raccontava il leader dei Joy Division Ian Curtis ricorrendo all'interpolazione diegetica di scatti fotografici e fiction (del resto Corbijn è, prima di tutto, un fotografo), ancora più in Life l'elemento della macchina fotografica è il principe della visione, lo specchio vero e proprio dove si riflettono l'un l'altro i due protagonisti, rimandandosi, attraverso di esso, attestazioni di comprensione, lampi isolati di comunione d'intenti.
Qui Corbijn si nasconde dietro il personaggio di Dennis Stock (Robert Pattinson, il cui innegabile talento non riesce a togliergli di dosso quella laccatura da copertina patinata che lo rende interprete dalla temperatura fredda), un fotografo diviso tra New York (dove vivono l'ex moglie e un figlio) e Los Angeles (dove si è fatto un nome come paparazzo da red carpet) alla ricerca della propria strada, sognando un portfolio che si rispetti e una copertina su Life.
James Dean (Dane DeHaan) ha appena finito di girare La valle dell'Eden, e non sa ancora che il successo, implacabile e tumultuoso, lo travolgerà a momenti. Per adesso è solo poco più di un ragazzino che, dalla fattoria dell'Indiana da cui proviene, ha scoperto l'arte, ama la poesia e adora frequentare l'Actor's Studio. Si trova a Los Angeles reduce dal film di Elia Kazan, con la Warner che lo pressa perché sembra che Nicholas Ray stia valutando di farne il protagonista di Gioventù bruciata. Dennis Stock legge nello sguardo schivo e vagamente irritante di questo giovanotto il fascino che presto esploderà sul grande schermo, ne anticipa il mito (presagendone la breve parabola) e decide di dedicargli un progetto, il ritratto di un nuovo tipo, la “Moody New Star”.
I due iniziano quindi a rincorrersi, trasferendo il set a New York, dove la pioggia, la gente, il jazz, tutto sembra molto più adatto per quello che Stock ha in mente e quello che a Dean manca. Ma è nel viaggio che compieranno insieme in Indiana, nel paese natale di Dean, che i due troveranno una sintesi del loro rapporto, e nasceranno le fotografie più belle.
Confezionato in maniera ineccepibile nella ricostruzione degli ambienti, nella credibilità dei personaggi (appena appare sullo schermo si rimane scioccati a vedere James Dean nelle movenze hipster e vagamente femminee di Dane DeHaan, piano piano si apprezza invece il grande lavoro fatto dall'attore sui gesti, le espressioni, le pieghe del sorriso), nella riproposizione dei quadri viventi di quelle che saranno le leggendarie fotografie di Stock, Life è un biopic atipico che dice molto poco di James Dean e molto di più sullo stato d'animo di chi si trova al bivio tra essere nessuno in buona pace con sé stesso ed essere qualcuno con tutti i tormenti che questo comporta. Ma non ci trasporta altrove, non colpisce e non lascia il segno, svolge bene il suo compito lasciandoci una gran voglia di conoscere davvero un po' di più dell'uomo James Dean e di cercarlo da soli mettendosi a rivedere le meravigliose fotografie di Stock.
Nel 1955 si incontrarono diventando amici due giovani sul punto di dare una svolta alla propria carriera artistica. Un momento complesso per loro, quello in cui dimostrare a se stessi prima che altri altri di valere non solo per il proprio talento, ma anche per le scelte che avrebbero compiuto. I due erano James Dean, il cui film La valle dell’Eden stava per uscire nei cinema, e il fotografo dell’agenzia Magnum Dennis Stock.