Sono passati nove anni da quando Haifa Mansour ha portato a Venezia Wadjida - La bicicletta verde e da allora diverse cose sembrano essere cambiate nella società saudita. Una lenta apertura della cultura locale all’arte pare aver preso piede e questo film ne è lo specchio.
La vicenda ripercorre in parallelo il tentativo di un padre e di una figlia di affermare la propria vocazione, civica e artistica, in un paese che stenta a riconoscere alle donne e agli artisti uno spazio di espressione.
La giovane protagonista, medico presso il pronto soccorso locale, è concentrata sulla sua carriera e vorrebbe ricevere una promozione che la porterebbe a lavorare a Riad; il padre, dal conto suo, è finalmente riuscito, dopo anni di ostracismi, ad avere il permesso di suonare in pubblico. Parte dunque per una tournée di tre settimane, lasciando le tre figlie senza un tutore, figura che nella società saudita permette alle donne di effettuare le operazioni amministrative più delicate che altrimenti non sarebbero autorizzate a svolgere in prima persona. Nel corso di un disguido legato ai visti per l’espatrio la giovane dottoressa si ritrova a candidarsi per l’amministrazione comunale e ad appassionarsi poco a poco all’idea di poter migliorare le condizioni della propria cittadina iniziando dall’asfaltare la strada che conduce all’ospedale. La sorella maggiore decide di accompagnarla, per quanto titubante, in questa nuova avventura, mentre la sorella minore è preoccupata per le conseguenze che questa esposizione avrà per la reputazione della famiglia.
E le critiche non tardano ad arrivare: fin dal primo momento in cui le immagini della campagna iniziano a circolare su internet, dal web i commenti fioccano. Come è possibile che una donna abbia la sfrontatezza di esporsi in quel modo, candidandosi apertamente alle elezioni? E questo nonostante la giovane abbia lasciato un videomessaggio elettorale nel quale compariva interamente velata. Le critiche però non abbattono la ragazza che continua imperterrita la sua personale campagna elettorale passando dagli eventi di found rasing alle interviste televisive fino ai comizi in piazza. E nel procedere nella sua esposizione cadono i veli che la rendevano irriconoscibile e nascosta, in un lento affermarsi nella sua individualità.
Parallelamente il padre in viaggio non si lascia scoraggiare dalle prime resistenze da parte del pubblico e prosegue nella sua tournée riscuotendo tappa dopo tappa un successo crescente. Il culmine del film fa coincidere il giorno delle elezioni e la conseguente sconfitta di elettorale della protagonista con la conquista, da parte del padre, di un posto nella neonata banda musicale nazionale.
Quello che pare evidente da The Perfect Candidate - nella sua semplicità di tono e schamaticità di visione - è che la prima resistenza che si trovano ad affrontare i fautori di un processo di rinnovamento interno della società saudita sono i cittadini stessi: spaventati dalla novità, attaccati alle tradizioni e ai costumi, non vedono di buon occhio né una donna che si candida né un gruppo di musicisti che si esprime dal vivo. Se l’arte fino a poco tempo fa non veniva considerata come parte integrante della cultura del paese, così le donne appaiono ancora riluttanti ad accettare il ruolo di cambiamento sociale che sono chiamate a ricoprire.
La società appare ancora conservatrice, e le donne stesse scettiche all’idea di una vera emancipazione dai ruoli tradizionali. L’invito esplicito di Haifa Mansour è quello di spronare insieme, donne e uomini, a credere nel loro successo e nella possibilità di offrire nuove opportunità alle generazioni future. Una speranza e un appello che proviene dalla parte meno rappresentata della società, quella delle donne e degli artisti, che cercano e faticosamente e trovano una via per potersi esprimere.