Che Carlos Saldanha e, più in generale, la Blue Sky fossero interessati a raccontare animali “in estinzione” non è una novità. Pensiamo ad esempio ai migranti de L’era glaciale, o ai rarissimi pappagalli di Rio. Con Ferdinand il discorso non sembra molto distante anche se a essere messa in discussione ora non è la fine di una specie, quanto piuttosto l’unicità del diverso.
Il regista brasiliano si lascia così incantare dal cortometraggio Disney del 1938 (basato a sua volta da un racconto di Munro Leaf risalente a due anni prima) dove un toro decisamente possente e potenzialmente imbattibile si metteva in mostra non tanto per la sua forza naturale, quanto per la sua indole pacifica. Coerente con il messaggio del racconto, Saldanha spoglia il suo progetto di una ricerca formale ossessiva e precisa, quasi come volesse andare dritto al cuore della questione privando così lo spettacolo cinematografico di orpelli che rischiano di distrarre lo sguardo degli spettatori più giovani (al quale il film è esplicitamente rivolto).
La potenza del toro Ferdinand non è dettata dai muscoli, quanto dal suo carattere capace di affascinare e avvicinare lo sguardo assetato di sangue dei suoi amici più stretti (tori furiosi che ambiscono alla gloria nella corrida). Allo stesso modo, l’asso nella manica di Ferdinand vorrebbe proprio essere quello di un racconto genuino e semplice, cosciente di non poter (o meglio, non voler) contare su un apparato estetico sicuramente debole rispetto ai suoi diretti avversari (Pixar e Dreamworks in primis).
Se iconograficamente, Saldanha è bravo a giocare sugli opposti (la minuta bambina e il mastodontico toro, la claustrofobica Madrid e la distensiva fattoria, la coloratissima campagna e il funereo mattatoio), è da un punto di vista narrativo che il film presenta diversi limiti. Ferdinand introduce inevitabilmente nuovi personaggi rispetto al breve soggetto di partenza, ma sono proprio queste macchiette che non riescono a dimostrarsi all’altezza del protagonista (ingiustificata la presenza dei cavalli ballerini, stereotipata la capretta e solo abbozzato il rapporto con il padre del protagonista).
Il film gioca per accumulo costruendo un climax neppure troppo originale (l’ennesima carovana di animali che si mette alla guida di improbabili mezzi di trasporto) e perdendo di vista l’obiettivo di partenza. Coraggio, unicità e pregiudizio rischiano quindi di essere messi da parte, proprio come il toro protagonista. Se però sul finale Ferdinand uscirà trionfatore dal duello nell’arena, non possiamo dirci esattamente certi dell’esito che il film di cui è protagonista potrà avere nel cuore e nella memoria di noi spettatori.
Il toro Ferdinando ha l'aspetto del feroce toro da corrida, ma con un temperamento tutt'altro che irascibile. Un toro che, a differenza di tutti gli altri suoi amici, e a dispetto della sua stazza e della sua forza, non ha alcun interesse nel dimostrare di essere potente e feroce né di diventare un temuto toro da corrida che terrorizzi i toreri. Al contrario, aspira solo a una vita tranquilla.