Potremmo dire di Marianne Faithfull, (29 dicembre 1946 – 30 gennaio 2025) stella cosmopolita come soltanto le londinesi cresciute nei '60 potevano essere, che, parafrasando un titolo di un film di Raoul Ruiz, ebbe tre vite e una sola morte, ma tutte sufficienti a riempire da sole l'esistenza di chiunque altro.
MUSA DELLA SWINGIN' LONDON – Nata più che bene da un ex militare e poi professore di letteratura italiana e da una baronessa dall'illustre casata (Sacher-Masoch), Marianne Evelyn Gabriel Faithfull, a 20 anni era già una delle più provocatorie e scandalose protagoniste della “swinging London”. Amante e poi amica di Mick Jagger (e anche di Keith Richard) fu lanciata dai Rolling Stones come interprete dal look avvenente e dalla voce morbida in hit come As Tears Go By (indimenticabile successo anche da noi come Con le mie lacrime, tanto che nel 1967 passò per Sanremo cantando in coppia con l'eroe beat nostrano Ricky Maiocchi, C'è chi spera). Fu una collaborazione artistica, quella con il duo Stones, molto fruttuosa visto che partecipò alla stesura di vari pezzi, tra cui Sister Morphine (e ho detto tutto). Teatro e cinema l'avevano vista nel frattempo sfrecciare come una capace icona di se stessa, diretta ad esempio da Godard in Una storia americana (1966) o in Nuda sotto la pelle (1968, con Alain Delon... e immaginatevi le dicerie) e in Lucifer Rising (1972) di Kenneth Anger. Purtroppo additivi vari, dissolutezze, scandali e chi più ne ha più ne metta non le passarono sopra invano...
DOPO LA CADUTA – Insomma, nei '70 finì allo sbando, anoressica, vagabonda (la descrivono le cronache come “senza fissa dimora”) e con una laringite che le compromise irrimediabilmente le corde vocali, finchè nel 1979 ecco l'imprevista e non preventivata resurrezione con l'album Broken English, davvero uno dei più belli di quegli anni, in cui la sua voce clamorosamente arrocchita accarezzava brani rock tra cui una meravigliosa versione di Working Class Hero di John Lennon. La stella non era tramontata ma si era trasformata in una cantante convincente e completa (17 album da allora), autrice di suo e collaboratrice di gruppi leggendari (la versione live di The Wall di Roger Waters, i Metallica, Beck), attiva sin dopo il 2020. E anche il cinema la vide protagonista.
ED ECCO A VOI IRINA FAITHFULL – Già nel 1992 era stata voce narrante in Presenze (in il Giro di vite da Henry James) e da lì la sua carriera su schermo si fece lunga e continuativa, con almeno 3 gemme memorabili: Intimacy – Nell'intimità (2001, da Hanif Kureishi) cruda storia, disperata ed erotica, di Patrice Chéreau (Orso d'oro a Berlino) con Mark Rylance e Kerry Fox; Marie Antoniette (2006, Oscar ai costumi di Milena Canonero) di Sofia Coppola in cui interpretava nientemeno che Maria Teresa d'Austria (“L'amicizia che unisce l'Austria e la Francia sarà cementata da un matrimonio. La mia figlia più piccola, Antoine, sarà regina di Francia!!!”), ma soprattutto Irina Palm – Il talento di una donna inglese (2007) di Sam Garbarski, una delle più inopinate e migliori commedie del decennio, in cui lei era protagonista, una matura signora (vero nome Maggie) con una drammatica situazione familiare che trova lavoro come “sex worker” in un club osèe in cui, assunta l'identità di Irina Palm, rivelerà inaspettate doti “manuali”. Una storia commovente e dolcissima, a dispetto della scabrosità, cui lei regala una dolente maturità strappa-applausi. Come dichiarò al Torino Film Festival il regista: “Lei non è la classica attrice di mestiere, è una vera artista. E fin dall’inizio mi ha permesso di trasformarla nella Maggie che avevo in mente. Anche quando non le piaceva una battuta o una mia idea della scena, la interpretava seguendo le mie indicazioni”. In Italia piacque così tanto da vincere un David di Donatello e un Nastro d'Argento.
Purtroppo il passato è tornato a presentarle il conto: nel 2020 si salvò a malapena dal Covid ma il suo fisico ne rimase così indebolito da condurla a 78 anni alla morte.