Il cinema secondo Schrader, il Secolo breve al cinema

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Paul Schrader | Il trascendente nel cinema - Nuova edizione aggiornata (Marietti 1820, Bologna 2025, € 28,00)

La storia di Paul Schrader e di come abbia iniziato a interessarsi di cinema, fino al punto di diventare uno degli sceneggiatori, registi nonché teorici più significativi del New America Cinema, è molto curiosa. Rampollo di una famiglia estremamente devota ai precetti della Chiesa Cristiana Riformata, da giovane non gli era permesso andare al cinema. Il primo film che vide, all'età di diciotto anni, fu Un professore fra le nuvole. La storia di uno stralunato Freddie MacMurray che riesce a far volare una Ford Model T antidiluviana come fosse un elicottero è un imprinting cinematografico che deve averlo lasciato alquanto interdetto, dal momento che bollò il film, parole sue, come «piuttosto insulso» (un interesse lievemente maggiore proverà di lì a poco con la visione dell'elvisiano Paese selvaggio). All'università, seguendo un consiglio di Pauline Kael, Schrader prende a interessarsi seriamente di cinema: Bresson, Dreyer e Ozu diventano i suoi beniamini, e sulla materia ci scriverà pure la tesi di dottorato. Esempio più unico che raro fra i movie brats della sua generazione (come Martin Scorsese, o Steven Spielberg), Schrader non ha quindi alcuna reminiscenza o influenza da visioni cinematografiche adolescenziali; al contrario il suo approccio sia come critico e teorico che come sceneggiatore, e in seguito regista, è caratterizzato da un côté distaccato, rigoroso e accademico (da intendersi, ça va sans dire, in senso positivo), con quella punta di calvinismo che tutti gli riconoscono come “marque d'auteur”.

Nel 1971 (tre anni prima del suo esordio come sceneggiatore per Yakuza di Sydney Pollack), la sua tesi diventa quello che verrà unanimemente e a ragione considerato uno dei più importanti saggi di teoria cinematografica, Transcendental Style in Film: Ozu, Bresson, Dreyer. La domanda che Schrader si pone, e alla quale risponde brillantemente, è semplice quanto profonda: è possibile trasportare sullo schermo il trascendente, il divino? E se sì, in che maniera? Domande non da poco, da far tremare i polsi sia a chi scrive che a chi legge. Eppure, attraverso l'analisi attenta e approfondita dei tre autori trattati (e di opere come Viaggio a Tokyo, Tardo autunno, Un condannato a morte è fuggito, Diario di un curato di campagna, Dies Irae, Ordet), e con un linguaggio terso, limpido, di scorrevole lettura e allo stesso tempo estremamente acuto, l'autore riesce a rispondere che sì, è possibile. E che il cinema trascendentale «può portare lo spettatore, attraverso le prove dell'esperienza, all'espressione del trascendente, riportandolo poi alla vita di tutti i giorni da una regione di pace non toccata dalle variabili dell'emozione e della personalità. Può avvicinarci a quel silenzio, a quell'immagine invisibile in cui le linee parallele della religione e dell'arte si incontrano e si confondono l'una nell'altra».

Tutto questo nel 1971. Poi, più di mezzo secolo è trascorso, molta acqua è passata sotto i ponti, altri film sono stati fatti, altri registi e teorici sono saltati fuori a dire la loro. Sono uscite le opere di Andrej Tarkovskij e di Béla Tarr, gli studi di Gilles Deleuze sul cinema e sulla fenomenologia della percezione attraverso il tempo, e Paul Schrader ha sentito il bisogno di aggiornare, arricchire e ampliare il discorso già affrontato. Ovvero: di ripensare lo “stile trascendentale”. Ne è uscito un saggio ancor più meditato, articolato, potente. In questa nuova edizione, il testo originario è preceduto da un'ampia (quasi centocinquanta pagine) Introduzione in cui, oltre a ripensare il testo del 1971, fa un'ampia disamina dello “stato dell'arte” di quello che chiama il “cinema lento” attuale.

«Lo stile trascendentale», spiega Schrader «e il cinema lento non sono la stessa cosa. Lo stile  trascendentale è uno dei numerosi precursori del cinema lento, come lo è stato il neorealismo di Bazin e i vagabondaggi appassionati di Antonioni. Lo stile trascendentale si è evoluto come “immagine-tempo”. I cineasti di diversi luoghi e di diverse tradizioni hanno capito che potevano rallentare i film per creare una nuova realtà, per esplorare la memoria, per suscitare la contemplazione e, in alcuni rari casi, per simulare la trascendenza».

Non senza una leggera punta di ironia (un capitoletto dell'introduzione si intitola «La noia come strumento estetico»), Schrader amplia, perfeziona e completa un discorso iniziato più di mezzo secolo fa, dimostrando che il cinema non è morto, ma continua a evolversi, così come può e deve evolversi anche la teoria cinematografica. Di scorrevole lettura, nonostante la profondità dell'argomento, è un testo che non può assolutamente mancare nel bagaglio di letture di chiunque intenda definirsi un autentico cinefilo.


 

Giampiero Frasca (a cura di) | Schermi del Novecento - La storia del XX Secolo vista attraverso il cinema (Lindau, Torino 2025, € 22,00)

Nelle fasi finali della Seconda guerra mondiale, sentendo che si avvicinava il momento della resa dei conti, i nazisti cominciarono a distruggere i chilometri di pellicola su cui avevano meticolosissimamente ripreso gran parte dei loro stessi crimini. John Ford, che oltre a essere un grande regista era anche contrammiraglio della Marina americana assegnato ai Servizi segreti, allestì una scrupolosissima squadra (comprendente fra gli altri i registi George Stevens, Samuel Fuller ed Elia Kazan, e lo scrittore Budd Schulberg) per recuperare questo materiale, che sarebbe poi tornato molto utile al processo di Norimberga. Questo è solo uno dei tanti esempi che illustrano quanto il cinema (nato nel 1895) e la Storia del XX secolo si siano nel corso degli eventi inestricabilmente intrecciati.

A ragionare su questi intrecci è uscito Schermi del Novecento, a cura di Giampiero Frasca, caso più unico che raro – e decisamente encomiabile – di un'opera pensata, strutturata e finalizzata come testo didattico e che pur tuttavia funziona benissimo anche come libro di cinema tout-court, catturando l'interesse del cinefilo interessato all'argomento del rapporto, senz'altro assai ricco, fra grande schermo e storia. Il volume è strutturato in ventuno capitoli (a cura di Paola Brunetta, Vincenzo Chieppa, Giampiero Frasca, Manuela Russo, Andrea Santimone, Simone Tarditi), dedicati ciascuno a un evento storico. Ogni capitolo si apre con la descrizione per sommi capi dell'avvenimento, per poi passare all'approfondita analisi di uno o più film esemplari a esso riferiti, la segnalazione di altri titoli e le conclusioni finali. Si parte dalla Rivoluzione industriale e si arriva all'11 settembre, passando per le guerre mondiali, le rivoluzioni, le dittature, la Shoah, la Resistenza, la Guerra fredda, i movimenti per i diritti civili, il conflitto in Medio Oriente, il Vietnam, la decolonizzazione, gli anni di piombo, la caduta del Muro e altro ancora. Variegata la scelta dei titoli-“testimonial”: se alcuni sono come dire, obbligati (Oppenheimer per il capitolo sulla Bomba, Il dottor Stranamore per la Guerra fredda), altri sono decisamente inaspettati, ma molto azzeccati (ad esempio Il diritto di contare a proposito della lotta per i diritti civili: l'integrazione razziale negli Usa, in quegli anni, passò davvero anche da qui, dalle prodigiose capacità matematiche di impiegate afroamericane della Nasa fino a poco tempo fa ingiustamente sconosciute).

«Il Novecento», spiega Frasca nell'Introduzione «è stato il primo secolo ad avere il supporto delle immagini come sviluppo del suo stesso svolgimento. E non si è trattato di una semplice integrazione parallela, perché le immagini poste a fianco degli eventi hanno mutato completamente il modo di relazionarsi a essi: hanno infatti permesso di fissarli e diffonderli in una forma ritenuta oggettiva, offrendo alla gente comune una nuova prospettiva. In qualche modo, la Storia che si svolgeva altrove, in situazioni vissute il più delle volte solo indirettamente, si è avvicinata alla persone». È ciò che avevano capito il contrammiraglio John Ford e la sua compagnia, è ciò che possiamo comprendere anche noi leggendo l'interessantissimo, approfondito Schermi del Novecento.