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Oggi più che mai, con il digitale sdoganato all’ennesima potenza, l’invasione della prospettiva videoludica nello storytelling cinematografico, l’intelligenza artificiale, il fotorealismo e chi più ne ha più ne metta, ha senso interrogarsi sul cinema d’animazione. Innanzitutto, cosa intendiamo con questa nozione?

Cominciamo dal principio. Per animazione si intende un qualsiasi movimento di un qualsiasi oggetto visto sullo schermo che, concretamente, non sarebbe stato possibile realizzare diversamente. Per esempio, il King Kong del 1933, così come il film di Peter Jackson del 2005, sono entrambi frutto di tecniche d’animazione. Nel primo caso parliamo di stop motion, nel secondo di motion capture, ma sempre di animazione si tratta. Eppure, nessuno definisce quei film come film d’animazione. Non sono “cartoni animati”. Sono film girati in live action con l’aggiunta di alcuni effetti speciali. Perfetto. Ma possiamo dire lo stesso dell’imminente Avatar – Fuoco e cenere (2025)? Oppure della trilogia de ll Signore Degli Anelli, o dei vari Gravity (2013) e Vita di Pi (2012)? Sono esempi del tutto casuali di pellicole in cui l’impiego delle tecniche d’animazione supera, in percentuale, l’impiego del live action. Diciamo che potrebbero essere definiti come dei “cartoni animati” con l’impiego di alcuni “effetti live action”.

Tuttavia, leggendo un qualsiasi dizionario di cinema, o una qualsiasi programmazione di un multisala, non troveremo mai, accanto ai suddetti titoli, l’etichetta del genere animato, bensì fantasy, fantascienza e via dicendo. Apriamo una piccola parentesi. Anche per qualsiasi altro titolo di un film d’animazione, catalogare il tutto con tale parola è un errore. L’animazione è infatti una tecnica cinematografica. Se volessimo usare il genere “animazione” allora, per coerenza, dovremmo catalogare tutti i film girati in live action con l’etichetta “dal vivo”. L’errore di bollare e associare il cinema d’animazione ai cartoni animati (e di conseguenza a un prodotto rivolto a un pubblico di famiglie) è una prassi puramente occidentale. In oriente qualsiasi genere cinematografico viene trattato con la tecnica animata e l’associazione al target di riferimento non è per nulla scontata.

Comunque sia, oggi come oggi, in cui l’immagine digitale ha la meglio sulla ripresa dal vivo, possiamo ancora parlare di tecniche separate? Avatar o Gravity non avrebbero dovuto concorrere nella categoria per il miglior film d’animazione durante le rispettive cerimonie degli Oscar? Oppure, guardando il fenomeno da un altro punto di vista, Polar Express (2004) o A Christmas Carol (2009) di Zemeckis sono cartoni animati? Se si, allora perché non anche i già citati King Kong o Il Signore Degli Anelli dato che sono stati realizzati (seppur in parte) con la stessa tecnica?

Probabilmente non ci sarà mai una risposta esaustiva alla discussione, però, se come diceva Dino Formaggio nel suo libro L’arte come idea e come esperienza, «l’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte», allora ha ragione Giannalberto Bendazzi quando, nel suo scritto Lezioni sul cinema d’animazione afferma che «animazione è tutto ciò che gli uomini, in diversi periodi storici, hanno chiamato animazione».