Nel romanzo I libri ardono male si legge la seguente frase: “Ogni volta che pronunciamo la parola mare, dovremmo inginocchiarci”. E chi sono io per dare torto a Manuel Rivas? (Il libro, tra l'altro, è molto bello). La mia venerazione nei confronti del mare è totale e supina, ma non mi spinge necessariamente ad andarci dentro. E men che meno sotto. Il fatto è che soffro di una leggera forma di claustrofobia. Nulla di grave, ma perfino in un ascensore io non mi trovo del tutto a mio agio. Almeno fino al terzo, quarto piano preferisco andare a piedi. Che fa anche bene alla salute. Per questo trovo insopportabili tutti i film ambientati in sommergibili, tutti i documentari che esplorano la flora marina, tutte le storie mozzafiato (letteralmente) di cercatori di perle e tutte le vicende di quei maledetti sub che scendono con le bombole, ma prima o poi qualcosa nel respiratore s'incaglia. Nonostante questo ho compilato una lista di dieci film. Ma l'ho fatta col fiato sospeso.
Ventimila leghe sotto i mari (Georges Méliès, 1907). C'è un trucco per fare un buon film subacqueo: girarlo in studio. Qui Méliès s'ispira con molta vaghezza al romanzo di Verne e fa partire il capitano Nemo per un viaggio sottomarino a bordo del Nautilus, ma di acqua non ce n'è nemmeno una goccia. Questo è poi il bello del cinema. Del resto, vi svelerò un segreto: Méliès ha girato anche un Viaggio sulla Luna, eppure lui sulla Luna non c'è mai stato.

Taris, roi de l'eau (Jean Vigo, 1931). C'è un sistema per girare un film sott'acqua senza neanche bagnarti i piedi: girarlo all'Automobile Club de France. A quel punto metti il tuo operatore (meglio se è il fratello di Dziga Vertov) accanto agli oblò della piscina e poi lasci che il celebre nuotatore Jean Tauris faccia lo stupido rotolandosi sul fondo. Poi, se sei bravo, ti fanno fare anche L'Atalante.

Uomini sul fondo (Francesco De Robertis, 1941). C'è un trucco per fare un buon film di sommergibili: basta usare il “bip bip” del sonar, che è quello strumento che permette di rilevare ostacoli o altri sommergibili nei dintorni. De Robertis lo usa con discrezione e ne esce fuori un film teso e convincente, interpretato da attori non professionisti (di fatto, i suoi dipendenti al Ministero della Marina). Che si tratti poi di un film proto-neorealista è tutto da dimostrare.

Cacciatori sottomarini (Francesco Alliata e altri, 1946). C'è un metodo per fare un originale film subacqueo: prendere un'Arriflex 35, costruirle attorno un cappottino di lamiera e tuffarsi. Facile, vero? Più difficile farlo nel 1946 come fa Francesco Alliata, principe di Francavilla. Sono le prime riprese subacquee del cinema italiano. In seguito il principe trasformò la sua passione in un lavoro vero e proprio fondando la Panaria Film che arrivò a produrre Vulcano (William Dieterle, 1950) (c'è una celebre foto scattata durante le riprese da Fosco Maraini con Anna Magnani sott'acqua) e Sesto continente (Folco Quilici, 1954), il primo film subacqueo a colori. Produsse anche La carrozza d'oro (Jean Renoir, 1952), ma lì non c'è acqua.
Operazione sottoveste (Blake Edwards, 1959). C'è un espediente buono per fare un esilarante film di sommergibili: tingerne uno di rosa e riempirlo di donne. Certo, poi ci vuole anche la regia di Blake Edwards, il deadpan di Cary Grant, l'esuberanza di Tony Curtis e, soprattutto, il maxi reggiseno del tenente Dolores Crandall.

U Boot 96 (Wolfgang Petersen, 1981). C'è un problema se vuoi fare un film movimentato sui sommergibili: l'angustia dei luoghi, Che sarà pure drammaticamente efficace, ma è anche scenograficamente deprimente. Come soluzione puoi sempre costruire delle sezioni a grandezza naturale del natante e lasciare che la camera corra libera per gli stretti (non più stretti) corridoi. Meglio, comunque, se hai come direttore della fotografia Jost Vacano e la sua steadycam.

Le grand bleu (Luc Besson, 1988). C'è un segreto per fare un grande film subacqueo: prendere due apneisti celebri come Jacques Mayol ed Enzo Maiorca. Poi, magari, devi cambiare Maiorca con Molinari perché sennò Maiorca s'arrabbia, ma quello s'arrabbia lo stesso. Cosa che spiega la travagliatissima vita distributiva del film in Italia. Il fatto è che il film è francese e lo sciovinismo l'hanno inventato loro. Dunque Jean-Marc Barr (Mayol) è bello, ha gli occhi azzurri, lo sguardo sempre perso in lontananza, come in mistiche elucubrazioni zen. E seduce pure Rosanna Arquette. Jean Reno (Maiorca-Molinari) è arrogante, sbruffone e volgare, insomma è un rital. Per dire, l'orologio di Barr era un Doxa Caribbean Blue. Non ricordo bene, ma credo che a Reno avessero dato uno Swatch.

Caccia a Ottobre Rosso (John McTiernan, 1990). C'è un altro trucco per fare un buon film di sommergibili. Va bene usare il beep beep del sonar. E qui ce l'abbiamo. Va bene prendere un romanzo di Tom Clancy, autore minore, ma affidabile. Va bene raccontare la storia di un ufficiale russo che vuole disertare e, per farlo, per prima cosa ammazza il commissario politico di bordo: un tizio di nome Putin. Ma il vero trucco è scegliere Sean Connery come protagonista.

Alla ricerca di Nemo (Andrew Stanton, Lee Unkrich, 2003). C'è un modo per usare i pesci come protagonisti di un film: disegnarli al computer. I pesci, va detto, hanno perso la loro grande occasione col cinema muto. Dall'avvento del sonoro la loro proverbiale laconicità ha ridotto la loro attrattiva come prime scelte al momento del casting. Tutto quello che riescono a fare, in genere, è ricoprire il ruolo del cattivo (vedi Lo squalo, Piranha, ecc...). Anche qui qualche squalo cattivo lo troviamo, ma il resto è tutta una consorteria di pesci pagliaccio, pesci chirurgo, pesci farfalla, tartarughe, gamberi pulitori e stelle marine. Per non parlare del pellicano.

L'ignoto spazio profondo (Werner Herzog, 2005). C'è un trucco se vuoi girare un film su un pianeta fatto di elio, ricoperto appena da uno strato di ghiaccio: prendere le riprese reali girate sotto il pack da Henry Kaiser nell'isola di Ross in Antartide. Il pianeta in questione è quello verso cui si dirige una navicella errante di esseri umani una volta che la Terra è diventata inabitabile. Il commento musicale è sardo-senegal-olandese ed è uscito in CD col titolo Requiem for a Dying Planet. Bisognerà dirlo: Werner Herzog è uno dei due grandi registi di fantascienza del cinema tedesco (l'altro è Alexander Kluge). Questo perché molti dei suoi film possono essere visti come avventure estreme in universi alieni e inospitali. Questo perché Herzog (come Kluge) inventa mondi.

P. S. Sì, lo so, c'è anche James Cameron che di secondo mestiere fa il regista, ma lo sanno tutti che ha girato The Abyss e Avatar 2 unicamente per avere la possibilità di immergersi e far partire la camera. E poi c'è Leni Riefensthal che s'è inabissata dopo aver fatto la regista per Hitler (splendido, comunque, Olympia) e che, arrivata alla veneranda età di 100 anni, è riemersa con Meraviglie sott'acqua, un film naturalmente bello e irritante. E insisto su “bello”, come Olympia. E anche su “irritante”: una volta visto un pesce li hai visti tutti. Però qui la regola è dieci e non più di dieci. E delle scelte bisogna pur farle.