Asterix & Obelix: Il duello dei capi, di Alain Chabat

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Lasciamo per il momento da parte le riflessioni inerenti alla qualità di questa mini serie animata che, per la cronaca, è più che riuscita. Concentriamoci invece sulla sua produzione e la sua stessa natura quintessenziale. Con Asterix & Obelix: il duello dei capi (da qui in avanti solo Il duello dei capi), Netflix compie un ulteriore passo nella strategia di riappropriazione e rilancio di franchise storici del fumetto e dell’animazione. L’operazione si inserisce perfettamente in quel processo di revival culturale che la piattaforma sta conducendo su più fronti, trasformando proprietà intellettuali dal grande potenziale nostalgico in prodotti adatti al consumo contemporaneo, con un linguaggio visivo aggiornato e una narrazione calibrata per un pubblico intergenerazionale.

Il duello dei capi – una rivisitazione del classico albo Le combat des chefs di René Goscinny e Albert Uderzo – conserva l’anima irriverente e satirica delle tavole originali, ma le traduce in chiave più spettacolare e dinamica, con una narrazione ad alto tasso comico ma anche emotivamente più stratificata del solito. Se è vero che Asterix e Obelix sono ancora una volta i motori dell’azione, è altrettanto vero che la sceneggiatura di questo nuovo progetto Netflix si prende del tempo per dare spazio anche ai comprimari: Panoramix assume un ruolo quasi principale, mentre vengono introdotti personaggi nuovi che strizzano l’occhio ai gusti delle giovani generazioni, tra battute meta-narrative, riferimenti pop e una colonna sonora più moderna. Dal punto di vista visivo, il film alterna animazione digitale fluida e pulita a citazioni estetiche che omaggiano il tratto originale di Uderzo, con grande cura per i dettagli (come gli sfondi "dipinti") e una regia molto più cinematografica rispetto ai precedenti adattamenti animati (forse anche per lo sguardo di Alain Chabat, già regista del live action del 2002, Asterix & Obelix - Missione Cleopatra).

Ma è nel contesto industriale che Il duello dei capi diventa particolarmente interessante: Netflix non si limita più a distribuire contenuti di successo preesistenti, ma si muove attivamente per acquisire, aggiornare e rilanciare universi narrativi fortemente identitari per il pubblico. Dopo operazioni simili basate su Lupin, Heidi, SpongeBob o alcuni personaggi di casa DreamWorks (in primis le galline di Galline in fuga), questa nuova versione di Asterix dimostra ancora una volta come la piattaforma voglia posizionarsi come custode (e innovatore) del patrimonio culturale pop.

C’è, ovviamente, un rischio: quello di “globalizzare” troppo queste icone, smussandone le singole caratteristiche in favore di una narrazione più standardizzata. In questo caso, però, Il duello dei capi riesce a mantenere un equilibrio convincente tra fedeltà e innovazione, dimostrandosi una rilettura intelligente che conferma la strategia di Netflix nel trasformare la nostalgia in contenuto globale, senza (ancora) svuotare i classici della loro anima.