Mara Fondacaro

Il primo figlio

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Il gotico italiano ha una sua rispettabilissima tradizione fortificatasi nei '60 e poi progressivamente lasciata andare per filoncini e generi differenti (e più truculenti). Il primo figlio, primo lungometraggio di Mara Fondacaro, è un buon tentativo di rivisitazione di quelle tematiche che Hollywood e cinema anglosassone in genere son soliti maneggiare con più dimestichezza e ausilio di effetti speciali.

Sulla coppia formata da Ada e Rino grava un dolore difficile da lenire, l'annegamento nel lago del figlioletto Andrea. Ma come dice Kierkegaard citato all'inizio del lungometraggio: “L'angoscia è un sentimento connesso al futuro più che al passato, perché riguarda le scelte che compiamo”. Infatti, di nuovo incinta, la donna (che proprio non riesce a elaborare il lutto) comincia a rivedere il fantasma del figlio che oltretutto si fa sempre più concreto e che mostra una gelosa avversione verso il fratellino, progressivamente sempre più minacciosa. Il compagno ovviamente non le crede (“Non sono cazzate, io ho visto Andrea!”, “Che hai detto?” “Non sono pazza” “Ma ti stai comportando come se lo fossi”). Un'amica medium poi compie il patatrac: nonostante tutte le sue raccomandazioni di prudenza, Ada finisce avvolta in un torbido incantamento dalle pericolosissime conseguenze.

Tecnicamente ben costruito, con inquadrature studiate, una adeguata fotografia di Fabio Paolucci ed effetti visuali del Team VFX, il film interamente scritto dalla giovane cineasta (ha vinto il Premio SIAE destinato ai giovani sceneggiatori) gioca sul doppio binario del cinema del terrore e delle tensioni sempre più thriller che si stabiliscono in una coppia durante l'attesa, dalla felicità, all'ansia, alla crisi fino alle minacce, riuscendo a restare in un equilibrio che non si involgarisce nell'orroraccio splatter (è sufficiente il trucco tipo cretto di Burri sul viso del giovanissimo  Lorenzo Ferranto e un colpo di spalla/collo per dare l'idea e provocare spaventi e disastri) e non si annacqua nello psicodramma familiare.

Del resto questa sensazione è confermata dal commento stesso di Mara Fondacaro: “Ho scritto questa storia senza pensare a un preciso genere, ovviamente è un horror, per la presenza di un fantasma, ma ritroviamo il genere horror anche nel crollo del legame tra Ada e Rino, però è anche un film sulla maternità, sull’elaborazione del lutto e del senso di colpa

In effetti l'abilità di una regista già consapevole dei suoi mezzi sta soprattutto nel sapere legare una storia non travolgente nei suoi sviluppi drammaturgici a una relazione con l'ambiente di innegabile fascino. Girato in Molise, tra il lago di Castel San Vincenzo, il Parco Oasi delle Mainarde, il Museo sannitico di Campobasso, con le giuste attenzioni alle scene di Rossella Tinti, Il primo figlio garantisce la necessaria sospensione dell'incredulità e la credibilità dei comportamenti dei personaggi (e questo grazie anche alla compostezza mai pacchiana degli interpreti, tra cui i protagonisti Benedetta Cimatti e Simone Liberati, abili a evitare ogni caduta nel cattivo gusto e nel ridicolo) tanto da farsi vedere con progressivo interesse e piacere.


 

Il primo figlio
Italia, 2025, 91'
Titolo originale:
id.
Regia:
Mara Fondacaro
Sceneggiatura:
Mara Fondacaro
Fotografia:
Fabio Paolucci
Montaggio:
Christian Marsiglia
Cast:
Benedetta Cimatti, Lorenzo Ferrante, Simone Liberati, Giulio Maroncelli, Astrid Meloni, Astrid Meloni
Produzione:
Nightswim
Distribuzione:
Lo Scrittoio, Nightswim

Ada è una docente di filosofia incinta. Con il compagno Rino si trasferisce in una villa immersa nella natura e comincia ad allestire la stanza per il piccolo che arriverà. Per la coppia è il secondo figlio, dopo che il primo, Andrea, è tragicamente morto qualche anno prima. Ada sembra aver superato il trauma, ma le ultime settimane di gravidanza la riportano al ricordo del figlio perduto e poco alla volta la fanno scivolare in uno stato di paranoia e terrore. Ada si convince che Andrea è tornato e che è venuto per impedire la nascita di un altro bambino...

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