Yan Shuo si solleva sui sostegni della palestra e irrompe nell’inquadratura dal basso, è di spalle quindi nega il proprio sguardo. Le prime immagini della sequenza di apertura del lungometraggio di esordio di Lin Jianjie, che arriva nelle sale italiane dopo essere stato presentato al Sundance Film Festival e alla Berlinale nel 2024, sono all’insegna dell’ambiguità: lo sarà allo stesso modo l’irruzione del protagonista nella vita dei membri della famiglia del suo compagno Tu Wei. Il ragazzo è l’elemento perturbante, simbolo di un conflitto di classe che contamina la struttura familiare dall’interno, l’estraneo che si intrufola nelle dinamiche intime e le sconvolge, così come avveniva in Teorema di Pasolini, o, per rimanere nel mondo asiatico, in diversi film di Fukada Kōji, come Hospitalité (Kantai, 2010) o Harmonium (Fuchi ni tatsu, 2016).
La manipolazione gentile ma ‘chirurgica’ del compagno di classe all’apparenza mite e remissivo ha inizio con il racconto della propria triste realtà per la perdita della madre e con un padre alcolizzato e violento, poi passa attraverso l’avvicinamento emotivo alla madre di Wei, come nel lungo dialogo con la donna sui frutti preferiti, cui seguirà l’uscita al supermercato insieme, fino alla prossimità fisica, dando corpo a una ricerca di intimità che lusinga la donna quando seduti sul divano osservano sul cellulare le fotografie che il ragazzo le ha scattato. Yan Shuo mette in atto l’adulazione anche nei confronti di Tu padre, al quale confessa di ambire a diventare come lui e di condividere la stessa passione per la musica classica.
I due genitori cedono alle lusinghe, si svelano, non resistono a quel balsamo che sembra curare ogni ferita, e permette di superare l’evidenza di un figlio reso dal confronto - anche questo chirurgicamente definito dall’estraneo - sempre più inadeguato.
Con una scenografia che non trasmette alcun calore emotivo, Lin Jianjie ritrae una famiglia cinese contemporanea che si muove tra fredde pareti riflettenti, illuminata dalla luce di lampade dal design futuristico e ricercato, ma lacerata dalle ferite di un passato recente, quello in cui la cosiddetta politica del figlio unico, messa in atto dal governo cinese dal 1979 al 2013, costringeva a scegliere la via dell’aborto. E poi i rapporti, i dialoghi, i gesti, trasudano voglia di rivalsa sociale, che pur non arrivando all’epilogo violento di un film come Parasite (2019) di Bong Joon-ho, al quale peraltro l’opera di Lin Jianjie rimanda in più momenti - a partire dall’analogo movimento dall’esterno verso la grande vetrata che inquadra il gruppo familiare all’interno -, lasciano un senso di violenza inespressa altrettanto feroce.
Gli enigmi accennati, come l’improvvisa morte del padre di Yan Shuo o il ruolo del ragazzo nelle decisioni dei coniugi Tu, non vengono risolti: il regista pervade il proprio film di un’atmosfera thriller ma lascia che il non detto prenda il sopravvento e, come un osservatore scientifico - le inquadrature che sembrano vetrini per analizzare spore o, in alternativa, i membri della famiglia, sono lì a ricordarlo –, preferisce soffermarsi sul gioco psicologico che i personaggi interpretano, lavorando in sottrazione sulla storia, ma in eccesso su simboli e cura dell’immagine.
Yan Shuo si muove lento ma deciso nei corridoi labirintici della casa, che lo accolgono nelle loro zone d’ombra, appare e scompare come una creatura fantasmatica in camera con Wei in un gioco di luce accesa e spenta tra i due ragazzi che da uno spunto ironico conduce verso il buio del conflitto, perché Wei, è evidente, nutre attrazione e allo stesso tempo rancore verso qualcuno che cerca di sostituirsi a lui nel ruolo di figlio.
In un’opera a tratti dall’eccessivo formalismo simbolico, i due giovani attori offrono interpretazioni notevoli e proprio Wei, il figlio indifferente e egocentrato che spia da dietro un angolo la madre e il giovane amico che si intrattengono a cucinare, regala sguardi che trafiggono la scena nell’accelerazione della storia.
Il destino di una famiglia benestante si intreccia misteriosamente con quello del nuovo enigmatico amico del figlio, in una Cina post "politica del figlio unico".