Lara è nata nel corpo di Victor.
Lara è il suo nome “vero”, una promessa di felicità, è la parola (l’identità) che risuona dolcemente nel prologo dolaniano, un sussurro immerso in una luce irreale. Victor, invece, è il passato, lo spettro da cancellare, la parola da non pronunciare, il nome in cui Lara si è trovata imprigionata: uno scherzo della natura.
Victor è diventato Lara, tutti lo sanno: il magnifico padre la accompagna nel suo percorso di trasformazione (in ciò che è davvero), gli insegnanti incoraggiano i suoi sforzi, i compagni di classe e di danza la trattano come la ragazza che in effetti è sempre stata. Ma a Lara, che ha 15 anni, non basta. A lei sembra tutta una recita, civile, edificante, ma fasulla. In un magnifico dialogo (clinico), lo psicologo la sostiene, la incoraggia, cerca di farle capire con le parole (la cultura) quanto sia già “femmina”, mentre dai balbettamenti di lei, dal suo sorriso imbarazzato, emerge timidamente il disagio, il dolore che brucia dentro. A Lara non basta la cultura, vuole la natura (femminile). Vuole trasformare il suo corpo, perché possa esprimere le sue emozioni più vere, perché possa finalmente sentirsi libera.
La danza è il controcanto della vicenda umana, e anche la sua parafrasi. La danza è la disciplina, la manipolazione del corpo per piegare la natura all’eleganza e all’armonia del gesto, per trasformarla in arte. E richiede immensi sacrifici. I piedi di Lara vengono letteralmente martoriati da questo lavoro. Lara spinge il suo corpo all’estremo, per diventare una ballerina, mentre aspetta di trasformare il suo corpo attraverso la cura ormonale e la promessa di un’operazione (quando sarà maggiorenne). Perché Lara dovrebbe accettare di vivere in un corpo che non è il suo? Perché dovrebbe convivere con questo equivoco della natura? Ed ecco che interviene la cultura, la tecnica, la medicina, che la può aiutare a trasformarsi in ciò che è. Siamo dentro il problema della percezione di genere, ciò che intendiamo per maschile e femminile. Perché nelle persone intorno (le “amiche”, ad esempio), per quanto siano immerse in un contesto culturalmente evoluto, ribolle qualcosa di profondo, una violenza silenziosa che prima o poi finisce per esplodere. Anche la medicina e la cultura hanno i loro tempi, ma Lara non può più aspettare…
Quante volte abbiamo visto, letto, ascoltato questa storia? Ma Girl ha alcune qualità fondamentali. La prima si chiama Victor Polster, attore e ballerino 25enne, l’interprete che ogni regista vorrebbe, perché l’incarnazione è profonda e insieme epidermica, è commovente, totale. Victor diventa letteralmente il dolore del corpo di Lara intrappolato nella carne di uno sconosciuto (maschio).
La seconda qualità sta nella regia di Lukas Dhont, giovane esordiente, belga, ventiseienne (ma già con una nomination all’Oscar per il cortometraggio L’Infini), che non ha un’estetica da esibire, non ha uno stile da imporre alla storia, ma si mette al servizio della persona (l’attore Victor) e del personaggio (Lara l’eroina coraggiosa), e lavora sulla percezione di sé e degli altri (e sulla percezione di sé che si percepisce negli altri). Tutto è fondato sulla relazione tra i corpi nello spazio dell’inquadratura, tra quello ideale costruito da Lara e quello nascosto, camuffato di Victor, che subisce la sua violenza (ma anche qui, cosa è naturale e cosa ideale, dove finisce la carne e inizia la cultura?). Splendide le scene di danza, nella loro routine ossessiva, in un crescendo di sadico trasporto: ci ritroviamo trascinati nel movimento elegante e furioso (doloroso) di un corpo che sembra voler sbocciare dentro l’altro, ma non riesce mai a uscire davvero, fino all’ultima sequenza quasi allucinatoria (fatela vedere ad Aronofsky!).
Si perdonano volentieri i “peccati di gioventù”, le sequenze che si piacciono troppo, i momenti in cui la storia sembra girare in tondo, il post-finale quasi giubilatorio. Meglio quel riflesso sul vetro di un ospedale in cui sembra di vedere sia l’uomo che la donna (il volto rinnegato del ragazzo e il viso amato della ragazza), mischiati ma definitivamente separati.
Lara è un'adolescente con la passione della danza classica: insieme al padre e al fratellino si è trasferita in un’altra città per frequentare una prestigiosa scuola di balletto, a cui dedica tutta se stessa. Ma la sfida più grande è riuscire a fare i conti con il proprio corpo, perché Lara è nata ragazzo.