David O. Russell

Smagliante manierismo

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L’aggettivo più corretto per definire David O. Russell è forse quello di “manierista”: la sua filmografia, fatta di opere molto diverse l’una dall’altra, non è espressione di semplice eclettismo ma piuttosto di una deliberata volontà di scrittura “alla maniera di”.

American hustle “ruba” da Soderbergh (i frequenti ribaltamenti di prospettiva legati alle truffe degli Ocean, ma anche il gusto per la trasformazione del corpo dell’attore: vedi l’iniziale vestizione di Christian Bale), dai Coen (la storiella della pesca sul ghiaccio) e da Tarantino (certi dialoghi tra il troppo serio e il demenziale).

Non sempre, a dire il vero, il camaleontismo di Russell, il suo sforzo di scrittura imitativa, ha dato risultati pienamente riusciti. In I (heart) Huckabees, per dire, certe “eccentricità” alla Charlie Kaufman (ma un po’ anche alla Wes Anderson) lasciavano l’impressione di un esercizio piuttosto sterile.

Quest’ultimo lavoro, invece, funziona che è un piacere: fluidità di racconto, ritmo, attori in gran forma, musiche scelte con cura. Assieme a Three Kings è probabilmente, da questo punto di vista, il risultato più smagliante di Russell.

Fin dall’inizio, American hustle appare incentrato sul confine tra il vero e il falso (il motivo è indicato in modo persino ridondante). Il film moltiplica i punti di vista e le possibilità di identificazione. Lo spettatore è costantemente posto di fronte al dilemma di credere oppure no ai personaggi, di capire se in quel momento stanno bleffando. In questo modo, American hustle gioca in modo esplicito con l’identificazione tra lo spettatore e i personaggi.

Il risultato di questa impostazione è un paradossale racconto etico nel quale ad essere tematizzato è il possibile contrasto tra le intenzioni che stanno all’origine di un’azione e i suoi imprevedibili esiti (strepitoso il dialogo tra il protagonista e la moglie in cui quest’ultima rivela il movente – vero o falso? – della sua decisione di denunciarlo all’amante mafioso), tra le azioni individuali e i risultati collettivi che la loro interazione determina.

Nelle differenze di stile e di genere, i film di Russell hanno infatti un nucleo tematico ricorrente: l’osservazione delle difficoltà dell’individuo nel ritrovare il bandolo della matassa di questo complesso sistema di interazioni in cui è inserito, e nel dare ad esso un senso. Lo spettatore – spiazzato, messo in gioco, obbligato a destreggiarsi tra i diversi piani del racconto – è costretto a partecipare a questa stessa ricerca.

American Hustle - L'apparenza inganna
Usa, 2013, 138'
Titolo originale:
American Hustle
Regia:
David O. Russell
Sceneggiatura:
Eric Singer, David O. Russell
Fotografia:
Linus Sandgren
Montaggio:
Alan Baumgarten, Jay Cassidy, Crispin Struthers
Musica:
Danny Elfman
Cast:
Christian Bale, Bradley Cooper, Amy Adams, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence
Produzione:
Atlas Entertainment, Annapurna Pictures
Distribuzione:
Eagle Pictures, Annapurna Pictures

Ambientato nel seducente mondo di uno dei più sbalorditivi scandali che hanno scosso gli Stati Uniti, American Hustle racconta la storia di un brillante impostore, Irving Rosenfeld è un brillante impostore che, insieme alla sua scaltra amante Sydney Prosser, viene obbligato a lavorare per un agente dell’Fbi fuori controllo, Richie DiMaso che li catapulta in un mondo di faccendieri, intermediari del potere, mafiosi…  un mondo tanto pericoloso quanto affascinante. 

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