C´è una scena piuttosto divertente (una delle molte, a dire il vero) in Quattro matrimoni e un funerale, in cui Gareth, uno degli amici (tutti rigorosamente inglesi) del protagonista, si diverte a prendere in giro gli americani e la loro ignoranza in fatto di cultura (durante un matrimonio in cui più della metà degli invitati vengono dagli Stati Uniti). Si spaccia per grande amico di Oscar Wilde e a una delle malcapitate promette anche di farle avere il numero di fax del grande scrittore. Ovviamente tutto il film di Mike Newell si giocava sulle differenze tra Regno Unito e Usa e buona parte delle battute e degli snodi del film vi faceva riferimento.
Durante la proiezione di The Monuments Men è venuto quasi da pensare di essere di fronte, per legge del contrappasso, a un film fatto per dimostrare che in realtà anche gli Stati Uniti sono portatori di cultura (oltre che di pace?) nel mondo, e che insomma gli yankee non sono poi questi ignoranti patentati, anche se non parlano altre lingue (vedi le gag di Matt Damon che improvvisa un ridicolo francese), hanno modi un po' bruschi e non hanno grande dimestichezza con l'eleganza (sempre il personaggio di Matt Damon che non sa esattamente cosa sia il dress code per un party). Anche loro amano l'arte (ma chi lo aveva mai messo in dubbio?) e sono pronti a sacrificare le loro vite per questo.
Che l'episodio narrato sia realmente accaduto e che un gruppo di valorosi e coraggiosi studiosi e esperti d'arte sia stato in grado di salvare dai roghi nazisti più di 5 milioni di opere, purtroppo non aggiunge nulla a un film brutto, fiacco e anche un po' ruffiano. E dispiace dirlo, dal momento che i precedenti film di George Clooney avevano sempre mantenuto una qualità piuttosto buona – pellicole molto classiche ma rigorose e con ottime sceneggiature, anche con alcuni guizzi di regia interessanti, di certo dotate di grande ritmo.
Qui invece il film arranca per due ore, ogni episodio appare quasi slegato dal resto, privo di qualsiasi coerenza. Inoltre non suscita alcuna emozione e questo diventa un grosso problema in un'opera che vorrebbe divertire (Bill Murray e John Goodman sono lí per quello) e anche commuovere (la morte del personaggio interpretato da Jean Dujardin, per esempio).
Tutto quello che accade sembra avere lo stesso peso, senza alcuna sfumatura: che un soldato venga ucciso, che si ritrovino dipinti di valore inestimabile o che si scherzi sulla possibilità di esplodere sulla mina su cui si è inavvertitamente appoggiato un piede, non fa alcuna differenza. Ma poiché The Monuments Men non è una riflessione sull'indistinzione ormai maturata dal postmoderno, non rimane altro che un film sbagliato.