Delle tre canzoni di Sufjan Stevens che si ascoltano in Call Me by Your Name, ce n'è una non inedita, Futile Devices, che nel finale dice così: But you are life I needed all along / I think of you as my brother / Although that sounds dumb / And words are futile devices.
Ecco, l'amore raccontato nel film è un amore di questo tipo, un amore così assoluto da diventare fraterno, tutta la vita di cui i due ragazzi protagonisti hanno bisogno. La bellezza che Guadagnino contempla è una bellezza idealizzata, situata ovunque, nelle statue greche dei titoli di testa, in un monumento ai caduti in una cittadina della bassa lombarda, in un paesaggio di campagna depurato da ogni segno di industrializzazione, in un ciondolo a forma di stella di David. Il corpo dei personaggi (in particolare quello scolpito di Armie Hammer, che interpreta Oliver, un trentenne americano in vacanza in Italia nella villa del suo professore di archeologia, americano anche lui, sposato con una francese con origini italiane e padre del diciassettenne Elio) viene dopo una contemplazione visiva e intellettuale che appartiene a tutti i personaggi ed è l'espressione di un puro e semplice desiderio.
Nella prima parte del film la macchina da presa riprende costantemente dal basso il corpo di Oliver, che agli occhi dell'adolescente Elio è possente e perfetto come quello di una statua greca: l'amore e il sesso passano per uno sguardo che comprende il corpo nel campo visivo e invece di possederlo lo ammira, lo avvicina, lo accerchia. Dopo un primo fugace contatto fisico, prima di arrivare a sfiorarsi una seconda volta, a baciarsi e poi, dopo ancora, a fare l'amore, Oliver e Elio, i due innamorati di Call Me by Your Name, si parlano e si osservano a distanza. Quando la loro relazione sboccia, mentre sono nella piazza del paese in cui passano l'estate, sono ripresi in campo lungo dalla macchina da presa in piano sequenza, con le loro voci in primo piano e i loro movimenti opposti che li portano inizialmente a separarsi e infine a incontrarsi. L'avvicinamento avviene fuoricampo, con la macchina da presa che si fa attirare dalla grandezza di un monumento, come se per Guadagnino il mondo che Oliver ed Elio condividono sia solamente da avvicinare e non da filmare. In Call Me by Your Name il movimento incerto e passionale appartiene ai personaggi, che fremono, temporeggiano, tentennano, agiscono, mentre la macchina da presa sa fin troppo bene cosa fare, dove guardare, perché muoversi.
Call Me by Your Name, che ha nel romanzo di omonimo di André Aciman la sua origine e in Bertolucci il suo modello, con un racconto di trasmissione della conoscenza e del sentimento che ricorda Io ballo da sola e un ragazzino, Elio, passionale, combattuto e innocente come il Joe di La luna, ricorda in realtà - e per contrasto - soprattutto il cinema di Téchiné, che ha più volte raccontato l'irrompere del desiderio nella relazione fra due uomini. L'amore en plein air di I testimoni, Impardonnables o Quando hai 17 anni, nel film di Guadagnino compare in una scena che è una chiara citazione, ma viene significativamente ritardato. E laddove Téchiné riprende il sesso omosessuale in maniera diretta, trascinante, emozionante, Guadagnino cerca invece uno stato di sospensione, il vagheggiamento dell'amore nel momento in cui lo si sperimenta, con la macchina da presa che non filma il piacere ma lo sublima negli oggetti, nelle fronde degli alberi, nelle posture plastiche.
"Later", dice sempre Oliver ogni volta che saluta qualcuno, venendo puntualmente preso in giro. E come i particolari che nel film tornano di continuo (i bagni nelle pozze e al lago, i costumi, gli orologi, le gite in bicicletta...), così il gioco verbale su una parola ripetuta più e più volte rientra perfettamente nella calcolata costruzione della sceneggiatura e più in generale nella riflessione, non tanto sull'amore in sé, ma su ciò che ne resta dopo, più tardi, quando di un sentimento, come dice il padre di Oliver nel bellissimo dialogo finale, non resta altro che il dolore e la consapevolezza di aver vissuto un'esperienza unica.
Call Me by Your Name, che non si tira indietro di fronte allo sperma sul torace di Oliver dopo il sesso con Elio, che insiste sulla presenza fisica dei genitali del protagonista (che si aggiusta, si tocca, si masturba), è sospeso fra una rappresentazione ideale dell'amore e la consapevolezza del corpo come unico, vero e orgoglioso strumento di trasmissione, non del sapere, ma del piacere. Elio, per dire, stringe la mano della ragazza che si è innamorata di lui e che con lui ha perso la verginità, ma la mano di Oliver - prima di possederlo e amarlo fisicamente - non la tocca, usa come tramite l'arto di una statua antica ritrovata nel lago di Garda...
La natura classica del film sta nella superficie pienamente significante del mondo che mette in scena (anche nelle piccole cadute di tono, come la discussione sul governo Craxi e il pentapartito o la visione in tv del Beppe Grillo comico...). Gli oggetti, in un film alla Visconti in cui una casa aristocratica è protagonista con le sue stanze, le sue porte che sbattono, i suoi solai, il suo pianoforte, i suoi libri letti sul divano, significano e parlano. Guadagnino dà forma visiva alle contraddizioni di cui è fatto il racconto: il passare del tempo, ad esempio, è dilatato e inavvertibile, oppure misurato ora per ora, con un orologio che torna di continuo in campo. La campagna della bassa cremonese, la luce calda dei pomeriggi estivi, la frescura di uno stagno, l'atmosfera languida che ricorda il mondo di Peter Cameron (non a caso James Ivory è lo sceneggiatore del film) sono trasformati nel terreno di una disputa personale, e magari, chissà, anche autobiografica (come fa intuire la citazione dai Frammenti cosmici di Eraclito, «Lo scorrere del fiume non significa che tutto cambia e quindi non possiamo riviverlo, ma che alcune cose restano uguali solo attraverso il cambiamento»), tra l'abbandono e la passione, il piacere e la conoscenza, la sublimazione e l'atto. La stessa ricostruzione storica dei primi anni 80, accurata, precisa, eppure mai insistita, poggia in realtà su una revisione idilliaca e nostalgica di una giovinezza elitaria e inesistente, come se Sammy Barbot e Richard Butler prendessero vita in una lirica di Gozzano.
Il sistema di opposizioni di cui è fatto Call Me by Your Name è destinato risolversi solamente nel rapporto fra i due protagonisti, che dopo il sesso si guardano negli occhi e si scambiano reciprocamente i nomi; Elio e Oliver, Oliver e Elio, si specchiano narcisisticamente l'uno nell'altro e nella risultante trovano la sospensione che eleva il loro amore e lo rende unico. La dilatazione stessa di molti passaggi del film, con scene ripetute o giocate sulla durata (ad esempio, la masturbazione con la pesca con tutta Radio Varsavia di Battiato) sono il segno uguale e contrario della sospensione infinita ed effimera del momento vissuto dai due protagonisti. O più ancora della durata dolcemente dilatata del primo piano finale del film, con Elio che piange sulla destra, la madre e la domestica sullo sfondo fuo e i titoli di coda sulla sinistra. L'amore è negli occhi del ragazzo, ricordato, perduto, idealizzato, e impossibile da filmare.
L'amore, soprattutto, in Call Me by Your Name è il frutto puro, da conservare e vagheggiare, di una storia di formazione e conoscenza, accudimento e apprendimento, in cui un adolescente trova un posto nel mondo e lo vive sia come prigione, sia come rifugio, come una stanza tutta per sé... Per Guadagnino, invece, grazie anche alla presenza di un regista e sceneggiatore esperto come Ivory, questo film maturo e formalmente perfetto, malinconico eppure solare, al di là del privilegio intellettuale e altoborghese di cui è espressione, rappresenta il confronto con un tema e un significato universali a partire dall'esperienza personale: in altre parole, l'incontro con una forma di autenticità che al suo cinema fino ad ora era sempre mancata.