Cosa viene fuori quando un film è una rielaborazione molto intima e personale dell'infanzia fatta con gli occhi di un bambino?
Un'opera fondata sull'eccesso quasi spasmodico di vita, sghemba, imperfetta, sbilanciata, eppure compatta nella sua vivacità. Tutti i personaggi sono sopra le righe (la recitazione è volutamente antinaturalistica), per cui ogni situazione - dai litigi reiterati dei genitori, egoisti e narcisi, alle prime sigarette fumate di nascosto – è amplificata in maniera tale da risultare irreale, quasi si fosse dentro a una fiaba o a un incubo. Eppure i traumi, piccoli o grandi che siano, nella memoria di un bimbo si trasformano in ferite permanenti, tanto più dolorose quanto più immotivate e gratuite, e stanno lí a ingigantirsi e deformarsi, deformando a loro volta il vissuto.
Incompresa è una sorta di horror sull'infanzia - certe atmosfere e alcuni movimenti di macchina ricordano il cinema del padre - che potrebbe forse essere associato a un altro film incompreso e sfilacciato, eppure interessante, come La solitudine dei numeri primi (2010) di Saverio Costanzo (in quel caso era l'adolescenza a essere messa in scena come fosse un film dell'orrore), dove però, al contrario del film di Costanzo, si ride molto.
Ed è brava Asia Argento a calibrare con momenti di grande leggerezza una storia che sarebbe emotivamente difficile da sostenere: Aria (Giulia Salerno, impressionante), una bambina di nove anni, viene palleggiata tra i genitori in via di separazione che la trascurano e spesso la umiliano, subisce le angherie della sorella maggiore e con gli amici deve affrontare le prime delusioni; l'unico vero compagno è un gatto randagio da cui non si separa mai.
Crudele e tenero, originale e sincero, Incompresa testimonia ancora una volta la grande sensibilità di sguardo, per nulla banale, che Asia Argento ha sull'infanzia (basti pensare a Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, 2004). Tutt'altro che ricattatorio, il film evita qualsiasi mistificazione dell'infanzia, mostrandone anche i lati più problematici e controversi: bellissima, da questo punto di vista, la sequenza dello stupro della Barbie da parte di Ken.
Mentre molto spesso i film che raccontano l'accidentato cammino verso la pubertà sono girati da registi che sembrano non essere mai stati bambini, razionali e distaccate riflessioni su un periodo della vita per nulla semplice, Incompresa è invece l'opera di una persona che ha attraversato dolorosamente l'infanzia e, non solo se ne ricorda bene, ma nel tempo ha sviluppato una forte consapevolezza su quegli anni: la maniera di giocare, le mode del momento, gli entusiasmi per le piccole cose, il dolore nel sentirsi esclusi e diversi, l’intelligenza e il talento come arma a doppio taglio (più comprendi, più soffri).
Di fronte a film costruiti ma vuoti, che sembrano non aver nulla da dire se non ribadire al massimo la bravura del regista nell'usare la macchina da presa e la sua superiorità sul pubblico – si veda, per esempio, Sils Maria di Olivier Assayas, che vorrebbe lavorare su tematiche vicine a quelle del Fassbinder di Le lacrime amare di Petra von Kant (1972), del Cassavetes di La sera della prima (1977) e del Mankiewicz di Eva contro Eva (1950), e ci vuole un bel coraggio, soprattutto se poi il risultato è cosí modesto – l'opera di Asia Argento risulta disarmante sia per la sincerità e la delicatezza da cui è pervasa e sia per la necessità da cui è mossa. Di certo si tratta di un lavoro imperfetto, che presta facilmente il fianco ai detrattori, eppure è talmente pieno di vitalità e di immaginazione che è impossibile non essere dalla sua parte.