C’è un dettaglio denso di fascino nel finale di Shane: l’uscita di scena del personaggio lo vede avvicinarsi alla cinepresa e passare di fianco ad essa, chiamando radicalmente in causa lo spazio fuori campo e creando così un senso di contiguità tra il film che si chiude e altri spazi (altri film) che l’eroe abita e abiterà nei giorni a venire.
È l’immagine di un genere ancora vitale, non a caso rimossa dal remake: il Preacher di Il cavaliere pallido scompare nella foschia, in quanto quel film nasce dalla consapevolezza che fuori dal margine delle proprie inquadrature non ci siano altri western. Shane è l’astrazione e la sintesi del personaggio western, Preacher un classico revenant eastwoodiano fuori dal tempo.
Alla fine di X-Men: Giorni di un futuro passato, Wolverine, dopo un viaggio nel 1973, si risveglia in un 2023 molto diverso da quello che ha lasciato all’inizio. La missione di modificare il passato per evitare l’olocausto mutante è riuscita e Logan rivede, come in sogno, i visi di amici morti da tempo. L’apparizione di Kelsey Grammer, James Marsden e Famke Janssen chiude un cerchio aperto dal ritorno di Singer e di larga parte del cast tecnico che realizzò X-Men e X2, riportando idealmente l’universo mutante indietro di oltre dieci anni.
Singer giustifica così da un punto di vista narrativo quell’operazione a metà tra sequel e reboot (e remake) che aveva già tentato con il suo Superman e denuncia esplicitamente la necessità che ha il blockbuster contemporaneo di assomigliare sempre e solo a se stesso, la cautela che contraddistingue questo tipo di produzioni.
Giorni di un futuro passato di Claremont e Byrne, pubblicato in due numeri di The Uncanny X-Men all’inizio degli anni Ottanta, non è la storia di un ritorno al passato ma quella di un mutante (Kitty Pryde) che viene dal futuro nel presente dei personaggi e dei lettori, il 1980. La mancanza di un passato è quasi una dichiarazione di poetica e intenti che sfocia nella metanarrazione: la complessità dell’universo mutante si sta costruendo, è davanti a noi. L’ipotesi di un futuro massacro va scongiurata in virtù di una lunga e florida vita editoriale che ha le basi nel presente, in un momento in cui si è compreso che il successo degli X-Men, già considerevole, è destinato a crescere ancora.
Nel fumetto le azioni di Kitty Pryde fanno parte di un mercato sano, in crescita, che lascia inventare il futuro ai propri autori. Nel film di Singer, invece, tutto è immobile, già scritto, segno di una crisi. Le conclusioni sono opposte: se si vuole sopravvivere non si può che ritornare a formule consolidate e apprezzate. Passato e futuro si riscrivono perché finiscano per assomigliarsi. Come i vampiri di Solo gli amanti sopravvivono, anche i mutanti Marvel non possono che scegliere tra lo scomparire nella foschia o l’adesione totale al proprio cliché, con la consapevolezza, in fondo, di apparire spettrali e fuori tempo.