«Ve l'ho mai detto che penso sempre alla morte? Però non ci penso con ansia o paura. Sono curioso di sapere quando arriverà. Sono stato talmente bene in vita che spero di stare bene anche da morto». Comincia così, con gusto non tanto scaramantico quanto filosofico, il racconto che Dante Ferretti ci regala della sua lunga collaborazione con Pier Paolo Pasolini, aggiungendo anche (con bozzetto allegato) la descrizione della tomba che intenderà abitare: più che un sepolcro, un confortevole villino dove a suo tempo ospitare gli amici morti, in primis Pier Paolo.
La collaborazione con Pasolini nasce quando Ferretti, giovanissimo assistente scenografo, lavora al set di Il Vangelo secondo Matteo. Continua, sempre come assistente, con Uccellacci e uccellini ed Edipo re, quindi come scenografo a partire da Medea per terminare con l'opera ultima Salò o le 120 giornate di Sodoma e la preproduzione del mai realizzato Porno Teo Kolossal. Ferretti ritaglia e approfondisce il racconto del suo rapporto con Pasolini, già in parte narrato nella precedente autobiografia Immaginare il cinema (sempre curata da David Migliozzi, Jimenez Edizioni, Roma 2022), e lo arricchisce di un'ulteriore, lieve e sorniona umanità. Ne esce un ritratto del regista e poeta come maestro, guida, un Virgilio attento più di chiunque altro a capire lo spirito del proprio tempo, un direttore esigente ma amichevole, mai autoritario, con le idee precise su quel che vuole e come ottenerlo (a Ferretti che gli fa osservare quanto un'architettura del Decameron sia successiva di un secolo, Pasolini risponde con sicurezza: «Eh, Ferretti… Non stia a dire così… Lei sa che Boccaccio è proiettato nel futuro? Il tempo non esiste per quelli come Boccaccio!»). Ferretti illustra molto attentamente e molto chiaramente l'approccio pasoliniano all'ambiente, alle scenografie come rigorose ricostruzioni che comprendono però anche deliberate imprecisioni: «Pasolini mi ha insegnato che l'imperfezione rende tutto più bello, più autentico e significativo. Gli errori danno libertà, rendono le cose vere».
Il memoir di Ferretti, formidabile cavalcata attraverso una collaborazione che è anche stata una grandissima amicizia, si svolge lungo un periodo fra i più ricchi della storia del cinema, dove si affacciano altre figure eccezionali con cui lo scenografo ha poi collaborato come Maria Callas, Federico Fellini, Elio Petri, Martin Scorsese, Tim Burton. Particolare è il paragone che Ferretti fa tra Pasolini e Fellini: «Due uomini molto diversi, uniti da una furiosa immaginazione. Pasolini era un animale selvatico, una lince; Fellini un micione domestico a cui non sfuggiva nulla. Per Federico tutto era sogno, Pasolini usava il sogno per indagare la realtà e la vita».
Volume riccamente illustrato, sia con bozzetti di scenografie che con fotogrammi di film, Bellezza imperfetta è l'opera di un grande maestro di immagini che con le immagini ama esprimersi: «Riguardo al suo ultimo soggetto cinematografico, gli avrei risposto disegnando, come sempre. Questa è la verità, ma non bisogna mai nominarla, perché appena la nomini no c'è più. E allora io continuo a disegnare».
Dante Ferretti
(a cura di David Miliozzi)
Bellezza imperfetta
Io e Pasolini
(Pendragon, Bologna 2024, € 18,00)