Con Woman, Anastasia Mikova e Yann Arthus-Bertrand hanno voluto estendere e completare il già notevole lavoro che aveva dato vita a Human nel 2015. Se in quest’ultimo il quesito di partenza era “che cosa ci rende umani”, Woman ragiona sul significato dell’essere donna, oggi, al di là delle plurime e magnifiche differenze che rendono unica ciascuna persona.
Il titolo prende lentamente forma nel blu del mare; affianco, una figura femminile nuota sinuosa in movimenti euritmici. Una donna, dunque, una qualsiasi, in un’armonia e simbiosi integrale con la natura, un tutt’uno con essa, nonché perfetta espressione della propria natura.
A pensarci, il concetto di natura, di Terra, è da sempre associato all’idea di madre, e più in generale di femmina: come ogni singola donna che vediamo ritratta sullo schermo - campione infinitesimale di un tutto non meno importante - dotata della facoltà di generare, di creare. E, ancora, intrinsecamente idonea, al pari della natura, di sopportare i danni e i dolori di chi la soggioga.
Woman è senza dubbio, a partire dal titolo, un inno alla donna, apologia della femminilità. Indagando i caratteri distintivi appartenenti, per natura e cultura, alla donna di oggi, analizza l’essere donna a 360 gradi; e tuttavia non dimentica di denunciare quello che ancora, socialmente, le manca da ottenere per la propria completa realizzazione.
La donna, qui, si mette a nudo – anche letteralmente.
Spogliate della vergogna, della paura, dell’imbarazzo, quelle che vediamo susseguirsi sullo schermo sono donne autentiche, più o meno ordinarie, portatrici di credenze, valori, culture, storie estremamente varie, in qualche modo uniche e universali insieme. Punti di vista plurimi, nessuno giusto né sbagliato, prospettive esperienze e condizioni estremamente personali che pure riescono, nella loro genuinità, a toccare l’animo di qualunque spettatore.
Dal sorriso alla commozione, il tono muta velocemente insieme all’intercambio di voci narranti - una selezione di 2000 donne che in giro per il mondo sono state chiamate a far sentire, appunto, la propria presenza, condividere la propria esperienza. La donna è finalmente eletta a testimone, dopo secoli di Storia che hanno dato all’uomo il ruolo di eroe e ambasciatore di epoche intere e di intere nazioni.
Woman, tra le altre cose, è anche un viaggio. Non solo perché raccoglie testimonianze da ogni angolo del mondo, ma perché esplora con precisione chirurgica ciascun ambito di vita della donna, chiamata a raccontare i propri cambiamenti dalla pubertà alla vecchiaia, facendosi vera e propria indagine, perfetto resoconto, sulle gioie che l’essere femmina regala e sui dolori e le umiliazioni cui la stessa condizione spesso condanna.
Woman non etichetta la donna, non le assegna un ruolo univoco, non si propone come femminismo universale e univalente, ma piuttosto ne mette in scena somiglianze e differenze, senza voler pronunciare alcuna forma di giudizio. Woman è racconto puro, ricchissimo dialogo – perché chiama, affronta lo spettatore, demanda complicità guardandolo fisso negli occhi – che della donna esplora la forza e la fragilità, la bellezza e il difetto, i desideri e i timori, i ricordi e i traumi.
La vita intera è racchiusa nelle due ore di Woman, e un mondo intero è capace di prendere voce, farsi coro perfettamente intonato di una condizione ancora imperfetta, ma della quale ogni singola protagonista – bambina, donna, anziana – può dirsi fiera.