Fuori concorso

Pearl di Ti West

focus top image

Passato inosservato, vittima di una sciagurata scelta distributiva che lo ha catapultato in sala nel bel mezzo dell’estate, X di Ti West si è rivelato uno tra gli horror più interessanti degli ultimi anni, in primo luogo per l’intelligenza con cui veniva rivisitato, in un gioco di riferimenti al cinema degli anni settanta, l’immaginario rurale proprio del genere.

Di X West ha poco dopo girato un prequel, Pearl, incentrato sull’adolescenza di un personaggio che nel film precedente compariva in tarda età. Rispetto al film precedente  - ambientato alla fine degli anni settanta, all’epoca dell’affermazione delle videocassette e del cinema a luci rosse, e incentrato sulle riprese di un film porno low budget, girato in una location sperduta per risparmiare sui costi - Pearl torna indietro dunque di una sessantina d’anni, per raccontare una storia che si svolge durante la prima guerra mondiale, nella stessa fattoria che faceva da teatro alla vicenda di X. La protagonista del quale, un’anziana assassina che fa gradualmente strage dei membri della troupe, viene dunque questa volta ritratta come un’adolescente inquieta, confinata in un mondo rurale che le sta stretto: padre invalido, madre opprimente, una quotidianità scandita dalle fatiche della vita di campagna.

Come nel film precedente, Ti West riscrive i film del passato con intelligenza, evitando le citazioni dirette per elaborare invece un universo visivo decisamente più articolato, ancorato a sonorità ed immagini che rimandano in generale ad un certo cinema di genere. Se in X, film di luci sbiadite e colori slavati, i riferimenti erano a Hooper e Craven, qui il regista guarda piuttosto a Corman, nella predilezione per cromatismi intensi e luminosi, e al Brian De Palma di Carrie, nella messa in scena di una vita domestica dominata dalla religione e dell’austerità. Questo alto grado di consapevolezza estetica nell’utilizzo degli horror del passato rimanda ad un’idea di centralità del cinema che trova poi puntuale corrispondenza sul piano narrativo. Non per caso anche Pearl è, in misura non minore di X, un film sui sogni generati dal cinema. Sogni di ricchezza nel caso della troupe di X, che vedeva nei film a luci rosse un’occasione di profitto economico, sogni di gloria nel caso di Pearl, per la quale le proiezioni in una sperduta sala di provincia - dove si reca di nascosto, senza dirlo alla madre – fanno da detonatore di illusioni di celebrità e divismo che reggono le sue speranze di lasciarsi alle spalle le miserie della vita rurale.

Retrospettivamente, rispettando quindi l’ordine cronologico della storia e non quello produttivo con cui i film sono stati realizzati, possiamo anche leggere l’accanimento contro la troupe della anziana Pearl di X come una forma degenerata di risentimento verso figure che, nel loro entusiasmo per il cinema come opportunità, la rimandano perfidamente ai sogni della sua giovinezza, di cui Pearl racconta appunto la nascita e la dissoluzione. Dal cinema si parte e al cinema si ritorna, nel segno di un immaginario debordante, onnicomprensivo, capace di permeare i due film su due livelli: sul piano estetico e su quello della caratterizzazione della protagonista.