Concorso

Diva futura di Giulia Louise Steigerwalt

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Diva futura, l’agenzia fondata da Riccardo Schicchi con Ilona Staller nei primi anni Ottanta, era non solo un’idea imprenditoriale vincente, ma portava con sé un’energia dirompente di sovvertimento delle convenzioni che passava per il tentativo di far emergere – monetizzando – la vocazione popolare del porno e di creare un nuovo, a suo modo rivoluzionario, sistema divistico.

L’idea di Giulia Steigerwalt di raccontare (partendo dal mémoire di Debora Attanasio, segretaria di Schicchi per un decennio) questa storia tutta italiana (niente a che vedere con Boogie Nights, diciamolo subito) e, attraverso la rielaborazione giocosa e colorata dei fatti, leggere un momento cruciale della trasformazione del nostro paese con quella singolare commistione mediatico-politica che ha poi caratterizzato i decenni successivi, era dunque un’intuizione acuta ed estremamente interessante.

Il film inizia in modo promettente scegliendo i toni di una commedia un po’ surreale e sgangherata, colori sgargianti, fotografia vintage, un mattatore istrionico a catturare immediatamente tutta l’attenzione intorno a sé. Pietro Castellitto è perfetto, divertente, buffo, gigione quanto basta per dichiarare subito che di Riccardo Schicchi si vuole restituire essenzialmente l’anticonformismo anarchico, dal tormentone delle scarpe consunte all’amore per gli animali, dalla amorale moralità del suo modo di stare al mondo all’incondizionato ottimismo. E va bene, anzi la commedia funziona molto bene e avrebbe funzionato ancora meglio forse se la regista avesse avuto l’ardire, una volta tratto il dado, di continuare su quel registro.

Purtroppo però quando il film progressivamente si incupisce comincia a scricchiolare. Lo sviluppo delle vicende della società messa in crisi da Internet e dalla trasformazione dell’industria, le sfortunate sorti delle più iconiche dive di quel sistema pensato e costruito da Schicchi (dai guai giudiziari di Ilona Staller per l’affidamento del figlio avuto con Jeff Koons, alla morte di Moana), fino alla malattia dello stesso Schicchi, non sono maneggiati dall’autrice con altrettanta efficacia. E così il film si smarrisce nel tentativo di venare di nero la commedia senza riuscirci veramente e perdendo l’occasione di approfondire una lettura sociale, di costume, politica e di comunicazione nella quale non riesce mai davvero a infilarsi con lucidità, accontentandosi piuttosto di piccole tracce superficiali, le interviste radio e tv, qualche edicola con i sigilli, l’accenno alle candidature di Cicciolina e Moana, l’audio della discesa in campo di Berlusconi. Un’occasione mancata che, forse più per ingenuità che altro, non riesce a fare di Diva futura molto più che un simpatico divertissement.