La prima immagine che scorre sullo schermo in First Cow è quella di una nave mercantile che attraversa un fiume nel mezzo della natura incontaminata dell’Oregon. Al primo stacco di montaggio questo scenario diventa lo sfondo della passeggiata nel bosco di una ragazza con il suo cane. I due scoprono per caso una coppia di scheletri umani, seppelliti lì da chissà quanto tempo. Non ci saranno altri momenti ambientati ai nostri giorni.
Attraverso questa manciata di inquadrature e una citazione di William Blake inserita in testa («The bird a nest, The spider a web, Man friendship») Kelly Reichardt cerca di indirizzare la visione dello spettatore verso una visione alternativa, invitandolo simbolicamente a scavare fino a riportare alla luce una storia rimasta nascosta e a non fermarsi all’evidenza delle cose. D’altronde quello della Reichardt è sempre stato un cinema al servizio di personaggi capaci di muoversi solamente al di fuori delle regole, attraverso luoghi e situazioni ai margini della contemporaneità, delle mode e delle tendenze.
La mucca che dà il titolo al film segna, con il proprio arrivo in un avamposto dell’Oregon di inizio ’800, il passaggio dall’economia di sussistenza ad un’idea di capitalismo: un cuoco e un immigrato cinese hanno l'intuizione di sfruttarne il latte – munto nella notte di nascosto dal nobile inglese proprietario dell'animale – per preparare dolci da vendere in piazza. In una situazione in cui l'obiettivo di ogni individuo presente nella comunità è unicamente quello di trovare l'oro, i due sono gli unici che, attraverso la collaborazione e la condivisione di idee, sogni e ambizioni, dimostrano che un'alternativa è possibile. La creazione di una domanda attraverso la proposta di un'offerta fuori da ogni logica condivisa sposta istantaneamente il baricentro del pensiero comune da una conquista materiale e individuale a un'esperienza di piacere condiviso in un luogo d'incontro pubblico.
Tutto questo non può ovviamente essere realizzato, secondo la regista, senza lo scardinamento di regole imposte dall'alto, senza la sfida e lo scontro nei confronti di chi rappresenta il potere, ma soprattutto senza una qualsiasi forma di sfruttamento sempre e comunque condannabile (che sia dell’uomo nei confronti della natura, del potente nei confronti del più debole o, come in questo caso, l'appropriazione illecita di qualcosa appartenente ad altri).
Partendo quindi dall'assunto che una forma di capitalismo non potrà mai essere priva di risvolti negativi, First Cow sottolinea l'importanza cruciale del pensare al di fuori degli schemi, identificando in questo modo di agire l'unica possibilità di crescita positiva per la comunità. La collaborazione tra doti diverse e complementari rappresenta l'unica via possibile per tracciare nuove idee e nuove vie possibili. Anche se questo significa combattere una lotta sempre impari che non riuscirà mai ad arrestare il flusso di un fiume e la rotta delle navi che lo attraversano.