Ma ma, atteso film di Julio Médem (Gli amanti del circolo polare, Lucía y el sexo) presentato in anteprima nazionale al Biografilm 2016, delude le aspettative, dimostrandosi uno stucchevole melodramma carico di una morale di matrice cattolica, che preferisce non scontentare il pubblico invece che assumere nel racconto una funzione narratologica.
Sorvolando sull’insistente product placement e sul ridondante manierimo della regia, è la labile struttura narrativa a trasformare un prodotto all’apparenza efficace in un insieme di facilonerie e lungaggini al limite della credibilità.
Rifacendosi chiaramente al cinema sentimentale di Almodóvar, Médem ne riprende gli stilemi ma non la grazia, rendendo il suo film una pallida imitazione delle opere del collega a partire dalla protagonista interpretata da Penélope Cruz. Magda, madre-coraggio eccentrica e positiva, faro illuminante nella vita degli uomini che ha attorno, viene direttamente dal cinema di Almodóvar, carica com’è di quella forza interiore che la rende una creatura superiore, capace anche di accettare la malattia come un passaggio o una tappa esistenziale.
Se nella prima mezz’ora Ma ma mantiene tutto sommato una sua coerenza, pur all’interno di un progetto non certo originale, è nella seconda parte, dopo l’intervento di asportazione del seno a cui si sottopone Magda, che comincia un costante susseguirsi di forzature alla ricerca di un’innaturale commozione. Pur volendo leggere il film nella prospettiva di una esasperazione delle emozioni tipica del cinema spagnolo, è impossibile non rilevare una debolezza di fondo nella trama, i cui snodi appaiono semplici patetismi, o nei personaggi, soprattutto quelli maschili, che sono tratteggiati come figure di contorno dagli atteggiamenti incongruenti.
Ma ma è un film grottesco che sfocia nel kitsch involontario, come nelle ricorrenti visioni di Magda o nell’allucinazione post-operatoria del capezzolo congelato. In definitiva, un’opera indecisa se parlare al cuore o alla testa dello spettatore, e sostanzialmente incapace di rivolgersi all’uno o all’altro, fino alla riconciliante conclusione, retorica consolazione dalle incertezze della vita.