Match Point, uno dei migliori film di Woody Allen, sarà trasmesso questa sera, mercoledì 28 giugno, su Iris alle 21. Per l'occasione, riproponiamo la recensione che uno storico collaboratore della rivista, Alberto Crespi, scrisse sul n. 446 di Cineforum, quando il film venne presentato in anteprima al Festival di Cannes del 2005.
Era Cechov, se non andiamo errati, a teorizzare che un fucile mostrato nel primo atto di un dramma deve sparare nell’ultimo. Match Point, il nuovo film di Woody Allen, ha una costruzione degna di Cechov, anche se il russo che Woody elegge a proprio nume tutelare è, nel caso, Dostoevskij.
Non è da tutti mostrare una pallina da tennis che rimbalza sul “net”, sul nastro della rete, nella prima inquadratura e tenere il pubblico sulle spine fino alla fine, prima di dirci da quale lato del campo cadrà. Strada facendo, la pallina da tennis si trasforma in un anello, che forse finirà nel Tamigi e forse no. Woody Allen è davvero l’unico che può prendere uno sport come il tennis e trasformarlo in una metafora della vita: il momento in cui la palla, colpito il “net”, si impenna, è uno di quei momenti in cui si decide il tuo destino. Altro che Sliding Doors: se cade di qua sei morto, se cade di là morirà qualcun altro.
Match Point è un film feroce e bellissimo. Fin troppo facile dire che è il miglior Woody Allen da alcuni anni a questa parte: il periodo-Dreamworks del lavoro di Woody finora ci aveva regalato solo film minori, in qualche caso decisamente brut- tini. Secondo noi questo è uno dei migliori Woody di sempre. Ci ha ricordato Crimini e misfatti e Misterioso omicidio a Manhattan – due gioielli – per la miracolosa capacità di mescolare commedia e dramma, risate e assassinii. Paragone, forse, troppo ovvio.
È anche un film sulla classica dicotomia amore/odio. E su un’altra dicotomia: America/Inghilterra. Londra appare subito come una “location” ideale: se il tema profondo del film è la dinamica fra essere e apparire, il pirandelliano mondo di maschere nude che indossiamo nella vita sociale, dove meglio che a Londra, uno dei pochi luoghi al mondo in cui i ruoli e le classi hanno ancora una rigidità imperiale?
A Londra arriva dunque Chris, tennista irlandese di buon passato, per insegnare tennis in un circolo super-esclusivo. Qui stringe amicizia con Tom, ricco e simpatico, e purtroppo si innamora di Nola, la fidanzata americana di costui. Il problema è che nel frattempo Chris si è praticamente fidanzato con Chloe, la sorella di Tom; il che significa essersi fidanzato con un ottimo lavoro in borsa, con una famiglia alto- locata, con una classe, con un mondo. Nel nome dell’amore Chris rinuncerà a tutto ciò?
Nonostante Match Point duri quasi due ore, e sia quindi un film “lungo” per Woody Allen, la sua tenuta drammaturgia è perfetta e lo scioglimento finale è un autentico salto mortale dall’altissimo coefficiente di difficoltà. Ma fate caso anche a come è pensato, girato e montato l’ingresso in scena di Scarlett Johansson: adrenalina pura, sensualità che gronda dallo schermo, incredibile per un regista che il prossimo primo dicembre compie settant’anni. Chris vede Nola e noi capiamo subito che è perduto. Ciò che non possiamo immaginare, è il destino che attende entrambi; ma la battuta di lei («Who’s my next victim?», chi è la mia prossima vittima?) è fin d’ora nelle antologie dell’erotismo cinematografico. Per inciso, lei sta giocando a ping-pong, e di quello parla. Ma Woody sta parlando di ben altro.