Venere in pelliccia (2013), il penultimo film di Roman Polanski - che poche settimane fa a Cannes ha presentato il suo ultimo lavoro, D'après une histoire vrai - sarà trasmesso questa sera, martedì 13 giugno, su Rai 5 alle 21.15. Per l'occasione, presentiamo una recensione di Andrea Chimento.
Il teatro come base per fare del (grande) cinema.
Dopo lo strepitoso Carnage, presentato alla Mostra di Venezia 2011, Roman Polanski si affida nuovamente a una pièce per la sua ultima fatica, Venere in pelliccia.
L’autore del testo di riferimento è David Ives, anche co-sceneggiatore del film, che a sua volta si era ispirato alle pagine del romanzo Venus im Pelz, scritto dall’austriaco Leopold von Sacher-Masoch e pubblicato nel 1870.
Solo due i personaggi in scena: il drammaturgo Thomas (Mathieu Amalric), sfinito e in preda allo sconforto dopo una lunga giornata di audizioni andate male, e l’attrice Vanda (Emmanuelle Seigner), arrivata in ritardo al provino e convinta di essere la più adatta a interpretare il ruolo principale.
Se in Carnage la claustrofobia delle mura domestiche portava le due coppie a sfogarsi verbalmente l’una contro l’altra, in Venere in pelliccia a esplodere è la tensione erotica tra i due personaggi, protagonisti di un ambiguo gioco a due che si svolge al centro di un palcoscenico spoglio.
Tra loro nasce molto presto una competizione sadica, una gara di seduzione, dove i rispettivi ruoli appaiono sempre più sfumati fino ad invertirsi: la preda diventa cacciatore, lo schiavo diventa padrone e viceversa.
Arrivato a ottant’anni, Roman Polanski si conferma uno dei più importanti autori in attività, in grado come pochi altri di rinnovarsi di film in film pur rimanendo fedele al suo cinema e alle tematiche che hanno reso grande la sua carriera. Come in tutte le sue ultime opere, Venere in pelliccia ha tempi di montaggio perfetti che imprimono alla visione un ritmo incessante e crescente dal primo all’ultimo minuto.
Semplicemente straordinari anche i due protagonisti - di nuovo insieme dopo gli ottimi esiti raggiunti ne Lo scafandro e la farfalla (2007) di Julian Schnabel - Emmanuelle Seigner e Mathieu Amalric, “vittime” di un doppio gioco, interno al film e meta-cinematografico al tempo stesso.
Polanski trasforma Amalric in se stesso (rendendolo simile a lui in tutto e per tutto) e inizia così a “scontrarsi” con la moglie in una stuzzicante sfida di seduzione. Il teatro diventa vita e la vita diventa teatro in una spietata metamorfosi che, passando da uno all’altra, si nutre di puro Cinema.