La Faute à Voltaire (Tutta colpa di Voltaire, 2000)
Il giovane tunisino Jallel arriva a Parigi per cercare fortuna. Si finge algerino per ottenere un permesso temporaneo di soggiorno come esule politico e si perde, socialmente e sentimentalmente, nella metropoli francese, il presunto migliore dei mondi possibili, culla teorica di libertà uguaglianza fratellanza. Il film d’esordio di Kechiche affronta il tema dell’immigrazione con leggiadra serietà, mette da parte ogni rigidità ideologica per concentrare il suo sguardo sulla natura solidale dei suoi personaggi, mescola urgenze sociali e amori furiosi, schiva ogni retorica e riempie di facce corpi volti suoni strade la vita durissima del suo novello Candide. Premio De Laurentiis per la Migliore Opera Prima al Festival di Venezia 2000.
L’Esquive (La schivata, 2003)
Krimo vive in un edificio popolare di una banlieu, ha il padre in galera, è timido e silenzioso, si è lasciato con la fidanzata. La visione dell’amica Lydia, che si aggira per il quartiere in abito settecentesco – sta provando per una recita scolastica “Il gioco dell’amore e del caso” di Marivaux – è un’epifania. Per trovare l’occasione di confessarle il suo amore, Krimo si aggrega alle prove dello spettacolo. Kechiche usa la lingua di Marivaux come strumento per definire i sentimenti e le aspirazioni di una generazione schiacciata da un implacabile determinismo classista. La schivata disegna senza paternalismi un ritratto generazionale segnato dall’aggressiva e trascinante vitalità del suo gruppo di attori esordienti. Trionfatore ai premi César 2005.
La Graine et le Mulet (Cous cous, 2007)
Slimane è un portuale di Séte, cittadina sul mare della Linguadoca. Vive con la sua compagna e l’adorata figlia di lei, Rym. Attorno a loro gravitano amici, parenti, conoscenti: una famiglia rumorosa e numerosa, simbolo tangibile dell’integrazione faticosamente conquistata dai beurs, gli arabi trapiantati in Francia. Slimane perde il lavoro e sogna di aprire un ristorante, ma è frenato dai problemi economici e dall’inossidabile burocrazia. Sarà l’entusiasmo solidale e la leggerezza di una danza a regalare la speranza di un nuovo futuro. Il cous cous diviene simbolo di identità collettiva, rito comunitario mascherato da prelibatezza gastronomica. Gran Premio della Giuria a Venezia 2007, dove gli venne inspiegabilmente preferito Lussuria di Ang Lee.
Vénus noire (Venere nera, 2010)
La vita di Saartjie Baartman, la Venere Ottentotta, orfana africana esibita come fenomeno da baraccone nell’Inghilterra di inizio ‘800. Le umiliazioni continuano in Francia, dove illustri scienziati la studiano per dimostrare la sua “scientifica” vicinanza alle scimmie. Pur non abbandonando il suo stile centrato sul nervosismo febbrile delle riprese e sui dialoghi serrati, Kechiche prende di petto l’oppressione e la violenza sociale della rispettabile comunità nei confronti di un soggetto indifeso (donna, schiava, nera) firmando il suo film più dichiaratamente politico, capace di mettere sotto accusa il meccanismo coercitivo di un proto-show business, capace di schiacciare nel suo ingranaggio gli anelli più deboli della catena sociale. In concorso a Venezia 2010.