Partire con una frase di Jimi Hendrix, caratterizza e conforta: «Il Rock è molto divertente». Soprattutto ti struttura la vita se ci entri con devozione. The Boys hanno avuto il loro successo nei '70, ora si barcamenano come possono “nella vita vera” e, intristiti, si concedono ancora qualche seratina “vintage”.
Bobo ha una moglie giovane che vuole diventare mamma a tutti i costi, Giacomo “Polpetta” (che ha sostituito il fratello Luca, suicida e anima del gruppo) dopo tanti anni ancora non si sente accettato dagli altri e ha vari problemi sentimentali ed economici, Joe è alle prese con un tumorino alla prostata e Carlo è un notaio, divorziato e nonno, collezionista di cimeli rock. Improvvisamente la svolta, o presunta tale: un musicista trap vorrebbe incidere una cover da un loro brano d'antan e comperare i diritti di tutta la loro library. C'è un ma: tra i membri del gruppo c'era anche Anita, cantante e modella fidanzata dello scomparso ed eclissatasi dopo un disco. Bisognerà ritrovarla e ottenere il suo consenso.
La filmografia di Davide Ferrario è così eclettica da dividersi in vari territori. Boys appartiene al filone della commedia “leggera ma non troppo” che nel regista ha il suo zenit in Prima di mezzanotte”e volendo il suo nadir in Se devo essere sincera (girati lo stesso anno, 2004), posizionandosi nel mezzo con tendenza al rialzo.
Dichiaratamente generazionale, il film è un ritratto che ha nel garbo (persino in certe situazioni da trivio) e nell'autenticità di sentimenti e situazioni condivise dagli ultrasessantenni i suoi lati migliori e nella (ma come evitarla?) tenerezza quasi assolutoria a impomatare, quelli più prevedibili e facili. Del resto i “luoghi” di questo sunto di memoria quasi collettiva sono tutti appositamente frequentati, dai fallimenti sentimentali alle spalle, alla paura del completo disfacimento che incombe, dall'on the road improvviso e ritemprante, 800 km sino a Capracotta (non per niente tra gli inserti che inquadrano storicamente compaiono anche scene da Terzo canale - Avventura a Montecarlo sgangheratamente delizioso road movie made in Italy del 1970, di Giulio Paradisi, con The Trip), sino al sussulto di dignità con cui recuperare l'integrità morale e il diritto al lieto fine (anche questo nello spirito di tanto cinema di quel “formidabile” decennio popolato di umanissimi antieroi).
Da filologico rockofilo, Ferrario mentre trattiene la mano sulle tragicomiche pecche dei quattro (come del resto non aveva provato a fare Fausto Brizzi nel corrivo La mia banda suona il pop ), si concede una certa feroce ironia sul mondo ipersuperficiale delle ultime ondate della musica hip hop, ammennicoli vari compresi (arte ultrapop alle pareti, pettinature con colori al neon, i due pitbull borchiati) e l'ignoranza arrogantella di star di brevissima durata. Del resto come dice l'entusiasta giornalista fan: «Voi c'avevate Jimi Hendrix, noi c'abbiamo X Factor» (e le basi contano!).
Più autoriflessivo di quanto non sembri nella sua “genericità”, Boys è recitato con la calma necessaria che prelude alla saggezza di una vecchiaia alle porte. I protagonisti Neri Marcorè, Giovanni Storti, Marco Paolini, Giorgio Tirabassi, cui si aggiunge una Isabel Russinova splendida, bianca e country, strappano simpatia e sorrisi senza mai strafare e il regista dal canto suo si concede quando vuole digressioni visive (a volte troppe, come la scena nella piscina) e una ricerca dell'immagine bella che non stona mai.
In più la colonna sonora di Mauro Pagani pesca suoi brani sconosciuti molto d'epoca (crediamo) che Marcorè canta con toni quasi alla Ligabue. Insomma, un film “minore” ma non misero, che trova il suo pubblico altamente specificato, una platea ideale a cui il cuore sobbalza quando rivede un vecchio furgoncino da viaggi di gruppo (targato Bg!) e apprezza la citazione della chitarra basso di Chris Squire degli Yes.
Joe, Carlo, Bobo e Giacomo sono amici da sempre, ciascuno con la propria vita e i propri problemi, ma uniti da un autentico legame e dalla passione che li aveva fatti incontrare: la musica. The Boys, questo il nome della band, avevano avuto un fulmineo successo negli anni Settanta. Nella loro routine - tra vicende amorose e personali - irrompe una possibilità che li porta in un nuovo viaggio: dovranno fare i conti con i sogni e le ambizioni di un tempo e il mondo di oggi, ma ancora di più scopriranno il senso della loro amicizia.